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Il protocollo (anti-gaffe) per il viaggio di Donald Trump in Asia

Strette di mano molto brevi, ma allo stesso tempo molto forti; giusta pronuncia dei nomi. Nessun tweet critico (o con insulti) e nessuna domanda sul cibo a tavola. Queste sono alcune delle prassi che ha dovuto imparare il presidente americano Donald Trump prima di cominciare il tour asiatico. Partito dalle Hawaii venerdì scorso con l’Aire Force One, Trump e la first lady Melania saranno fino al 12 novembre in cinque Paesi dell’Asia (Giappone, Corea del Sud, Cina, Vietnam e Filippine); e al vertice del Forum di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC) in Vietnam potrebbe esserci un incontro con il presidente russo Vladimir Putin (qui l’approfondimento di Marco Orioles sugli obiettivi della visita). Trump è conscio delle difficoltà del ruolo che dovrà svolgere.

LA DISCIPLINA DEL PROTOCOLLO

Per evitare gaffe in questi 10 giorni di lavoro diplomatico in Paesi, i consiglieri hanno elaborato il Bignami con le norme di buona etichetta e protocollo per non incomodare gli interlocutori di culture completamente diverse. L’antica disciplina del protocollo cerca di evitare sorprese e momenti di imbarazzo attraverso una curata pianificazione. Da quanto si legge sul Washington Post, Sean Lawler è il nome che Trump ha proposto al Senato per coordinare l’etichetta della Casa Bianca: come direttore di visite e diplomazia per il Consiglio di Sicurezza Nazionale, accompagnerà il presidente durante questo tour asiatico.

TRUMP, MAESTRO DI GAFFE

La questione non è secondaria, perché Trump di errori protocollari sembra essere esperto, e la forme in certe relazioni delicate è assolutamente parte del contenuto. Durante un ballo ufficiale, per esempio, ha calpestato lo scudo degli Stati Uniti insieme al vicepresidente Mike Pence. Non guarda negli occhi quando fa il saluto militare, e rideva divertito quando una consulente speciale della Casa Bianca, Kellyanne Conway, era in ginocchio su un divano dello Studio Ovale. O ancora, in tema asiatico: in un incontro di febbraio ha toccato più volte il primo ministro Shinzo Abe, un gesto poco gradito nella cultura giapponese. Altra questione delicata sono nomi e titoli: altro esempio, a luglio la Casa Bianca ha pubblicato un comunicato stampa nel quale si riferiva al presidente cinese Xi Jinping come il leader della “Repubblica di Cina”, invece Jinping è presidente della “Repubblica Popolare di Cina” perché anche Taiwan si considera Repubblica di Cina. Pochi giorni dopo, Pechino ha detto di avere ricevuto le scuse degli Stati Uniti.

LA GAFFE DI OBAMA, I CONSIGLI DI NIXON

Trump non è l’unico che ha sbagliato in Asia. Nel 2014, l’ex presidente Barack Obama ha rifiutato la macchina con autista assegnata durante la Conferenza Economica Asia-Pacifico a Beijing offendendo l’organizzazione locale, ed è sceso dalla propria auto con una gomma da masticare in bocca. Il presidente Richard Nixon fu il primo ad aprire i rapporti diplomatici con la Cina e consigliò a Ronald Reagan nel 1984: “Non chiederti cosa c’è nel piatto, mettila in bocca e mandala giù”.

LE DIFFICOLTÀ IN ASIA

Dennis Wilder, professore dell’Università di Georgetown, ha detto al Washington Post che gli asiatici che incontrerà il presidente sono molto sensibili alle mancanze di attenzione. “Il tour può andare bene, ma il presidente deve capire che il protocollo nelle culture dell’est asiatico è terribilmente importante”. Per Peter Selfridge, ultimo capo di protocollo della Casa Bianca, “molte riunioni dipendendo dalle norme di protocollo. I cinesi apprezzano la precisione quando si tratta d’incontri formali e diplomatici. Anche gli americani, ma quest’ultimi accettano improvvisazione e imprevisti”.In Asia Trump dovrà dimenticare quell’abitudine di scrivere su Twitter commenti su qualsiasi cosa non gli piace. E si dovrà scordare anche della sua solita e adorata bistecca con ketchup a cena.


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