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Come si è svolta la comunicazione del vittorioso Nello Musumeci

Una presenza sui grandi media non troppo massiva ma ficcante. Un lavoro continuo sul territorio con l’obiettivo di toccare il maggior numero possibile di realtà locali, anche le più piccole. Un messaggio politico semplice e comprensibile, diretto a valorizzarne i profili di competenza e autorevolezza. Come in ogni vittoria politica che si rispetti, anche dietro il successo siciliano di Nello Musumeci (qui tutti i numeri della sua affermazione) c’è stata una strategia della comunicazione discreta ma efficace, a cui il neogovernatore ha affidato le chiavi della sua campagna elettorale. Nella quale – al netto del vantaggio accumulato fin da subito da Musumeci nei confronti degli avversari – non sono mancati, ovviamente, i momenti di difficoltà.

GLI SPIN DOCTOR DI MUSUMECI

Ma chi sono i comunicatori che hanno aiutato il candidato del centrodestra a diventare presidente della Regione dopo l’esperienza – per così dire, non troppo fortunata – dell’amministrazione di centrosinistra? Si tratta della società di consulenza strategica e comunicazione Comin and partners, fondata dall’ex direttore delle relazioni esterne di Enel Gianluca Comin che si è occupato della campagna elettorale siciliana insieme al socio della sua organizzazione e spin doctor Gianluca Giansante. Comin e Giansante hanno iniziato a lavorare sulla candidatura e poi la vittoria di Musumeci ben da prima che sui media si iniziasse a parlare dell’appuntamento elettorale in programma sull’Isola, a partire in pratica dalla primavera del 2016. Un anno e mezzo fa.

LA DECISIONE DI CORRERE

E’ stato in quel periodo che l’ex presidente della Provincia di Catania ha maturato l’idea di correre per Palazzo d’Orleans. Un percorso nel quale Musumeci ha dovuto subito fare i conti con la sua condizione politica di partenza: non avere alle spalle un partito forte che potesse sostenere il suo tentativo. Da qui l’idea di dar vita a un suo movimento civico – #Diventerà belissima – che alle elezioni ha ottenuto il 6% dei consensi, pari a quasi 115.000 voti. Un nome ispirato a una frase pronunciata da Giovanni Falcone che, in un’intervista, a chi gli chiedeva se l’unica soluzione fosse fuggire dalla Sicilia, risposte con questa frase: “Un giorno questa terra sarà bellissima“. E in questo modo è riuscito ad allargare i suoi consensi e a raccogliere anche i voti di quella parte di elettorato sempre più delusa dai partiti e non inquadrabile nelle distinzioni politiche tradizionali.

LA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE

Una scelta supportata da una strategia di comunicazione che fin da subito ha puntato sul fattore del radicamento territoriale, ritenuto la carta fondamentale per ottenere innanzitutto che i vari partiti di centrodestra convergessero sul movimento di Musumeci. Così da rendere la sua candidatura competitiva e potenzialmente vincente, com’è effettivamente avvenuto. Grazie anche a un lavoro che ha compreso, tra le altre cose, la costruzione del messaggio politico, il rapporto con i grandi media nazionali, il posizionamento e quello che in termini tecnici viene definito stakeholder engagement. E, cioè, l’accreditamento del candidato presso soggetti autorevoli – specie di area – e il loro coinvolgimento, con l’obiettivo di renderli partecipi, pure indirettamente, del percorso politico intrapreso da Musumeci.

L’ULTIMO MIGLIO DI MUSUMECI

Un’attività che, ovviamente, si è fatta più necessaria con l’approssimarsi della data del voto quando Giansante – sempre in tandem con Comin da Roma – ha assunto il ruolo del “campaign manager”. Una figura ancora non così diffusa in Italia ma molto, invece, nel mondo anglosassone – dove la comunicazione politica è ben più sviluppata – chiamata, in sostanza, a coordinare tutti i vari aspetti della campagna elettorale, dall’organizzazione alla comunicazione fino al lavoro di ufficio stampa. Primo passo: consolidare la conoscenza di Musumeci da parte dei siciliani. Non a caso il neogovernatore ha percorso con la sua utilitaria ben 35.000 kilometri ed è arrivato a toccare 250 comuni in tutta l’Isola. La logica dei piccoli incontri, per conoscere dal vivo i problemi reali dei cittadini e motivare di persona i candidati delle liste del centrodestra e gli elettori. Un’operazione attorno alla quale si è sviluppata la strategia mediatica, fondata su una presenza non eccessiva sulle grandi testate nazionali, in particolare sulle televisioni, dove Musumeci non è comparso troppo frequentemente. Il tutto con l’obiettivo di rafforzarne e valorizzarne il profilo civico e di uomo del fare e dell’amministrazione, concentrato soprattutto sul suo lavoro. Pure in questo senso si spiegano i suoi toni mai troppo polemici nei confronti degli avversari, neppure verso il suo principale competitor – il pentastellato Giancarlo Cancelleri – che non gli ha risparmiato attacchi anche molto duri. D’altronde, fin dall’inizio della campagna elettorale Musumeci era in vantaggio e sapeva di esserlo: motivo per il quale – ferma restando, ovviamente, la critica politica nei confronti dei suoi antagonisti – ha preferito tenere un profilo “più alto” ed evitare polemiche e scontri di carattere personale.

TRA CONSULENZA STRATEGICA E COMUNICAZIONE POLITICA

Il lavoro con Musumeci in Sicilia non è il solo di carattere politico di cui si sia occupata in questi anni Comin and partners. D’altronde lo stesso Comin – che ha legato la sua carriera in particolare alla comunicazione aziendale (oltre che in Enel, ha ricoperto incarichi di responsabilità anche in Telecom Italia e Montedison) – ha avuto anche un’esperienza in politica, come capoufficio stampa del ministro dei Lavori pubblici Paolo Costa tra il 1997 e il 1998. E lo stesso vale anche per Giansante, che in passato è stato responsabile comunicazione e relazioni digitali della Regione Lazio e, prima, consulente per la Presidenza del Consiglio e il Consiglio Superiore della Magistratura. Tra i principali progetti di carattere politico e ad impatto mediatico della società, compare innanzitutto l’impegno sul nuovo stadio della Roma, a proposito del quale Comin and Partners ha assistito il club giallorosso nella difficile definizione dell’accordo poi trovato con la giunta romana guidata da Virginia Raggi. Ma anche il sostegno a Tap Italia – la società che sta cercando di costruire, non senza difficoltà, il gasdotto tra Puglia e Albania – e la gestione della comunicazione di crisi di alcuni esponenti politici. Ad esempio quella dell’ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi – costretta alle dimissioni dopo il presunto scandalo Tempa Rossa dell’aprile 2016 – e quella dell’ex presidente del Pd campano Stefano Graziano, travolto da un’inchiesta giudiziaria poi completamente archiviata dalla magistratura. Competenze necessarie anche in ambito aziendale, dove la crisi della mediazione politica richiede sempre più spesso alle imprese di costruire con la comunicazione il consenso necessario alle proprie attività.


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