La prospettiva di un’onda di radicalismo di sinistra capace di travolgere i mercati inglesi sotto l’egida di Jeremy Corbyn, ipotetico prossimo primo ministro, rischia di essere una minaccia molto più seria della Brexit. Si tratta di un avvertimento non di poco conto quello che la nota banca d’affari Morgan Stanley ha affidato ad un rapporto diffuso nelle scorse ore e che finisce dritto sulle prime pagine dei giornali inglesi.
La banca d’affari statunitense teme l’alta probabilità di elezioni anticipate nella seconda metà del 2018. Ai piani alti, infatti, sono convinti che il Regno Unito non riuscirà ad assicurare l’accordo che cerca il governo sulla Brexit e, visto e considerato che il partito conservatore da un po’ di tempo a questa parte perde pezzi, è giusto mettere a fuoco i rischi politici di una possibile strada spianata al potere laburista. “Potremmo assistere al più grande scossone nel contesto politico dagli anni Settanta. E questo è molto più inquietante, da un punto di vista azionario, della Brexit“, ha dichiarato al Telegraph Graham Secker, il principale stratega azionario europeo della banca.
Alla Morgan Stanley sono certi che il “doppio smacco” della Brexit insieme all’impatto di un governo laburista potrebbero rivelarsi “tossici” per i mercati azionari della Gran Bretagna. “Il Regno Unito è nel mezzo di un doppio smacco di incertezza sotto forma di Brexit e di una fragile situazione politica interna. Nel loro insieme, questi due fattori – che sono in qualche modo correlati – gettano un’ombra sul quadro politico e sulle prospettive economiche dell’Inghilterra”, si legge nel rapporto del team azionario europeo di Morgan Stanley pubblicato nelle scorse ore.
La nazionalizzazione delle industrie chiave, l’aumento delle tasse e lo spostamento delle priorità di spesa verso famiglie a basso reddito, gli ingredienti principali di una leadership affidata a Corbyn, rappresentano il terrore della banca statunitense perché capaci, in men che non si dica, di danneggiare le valutazioni di tutte le società del Regno Unito. E i rischi percepiti di una ipotetica amministrazione laburista in arrivo sarebbero riscontrabili, sempre a detta della Morgan Stanley, per le società idriche e energetiche, ma anche per i servizi postali e il ramo delle telecomunicazioni. Ma soprattutto, a tenere i nervi a fior di pelle alla Morgan Stanley, sarebbero un aumento delle tasse e un incremento delle imposte sulle società al 26%: deleteri per i servizi finanziari britannici.
Il rapporto, che la stampa non ha potuto ignorare, funge da monito non solo per gli inglesi: “Per gran parte degli ultimi 30 anni e più, i cambi di governo hanno avuto un impatto relativamente limitato sul mercato azionario del Regno Unito, dal momento che le impostazioni delle politiche non hanno subito sterzate drastiche. Tuttavia, le cose potrebbero cambiare irrimediabilmente se la leadership venisse affidata a Jeremy Corbyn“.
E tra le prospettive poco rosee, il rapporto ha inteso mettere in evidenza anche un possibile disfacimento del processo Brexit. Sebbene l’ala progressista europea guardi con certo favore al possibile scenario, alla Morgan Stanley preferiscono, se vogliamo, il pragmatismo delle conseguenze finanziarie e vedono la cosa alquanto deleteria. “Dal momento che questo contesto depressivo è abbastanza plausibile, solo quando ci sarà un balzo in avanti nei negoziati sulla Brexit, si verificheranno anche progressi per diversi attività del Regno Unito. Tuttavia riteniamo improbabile la possibilità di miglioramenti nei prossimi mesi”.
Considerazioni che vanno a scontrarsi con quelle riportate sulle colonne del Guardian, attribuite a portavoce laburisti – senza fare nomi -, convinti del fatto che “il prossimo governo targato labour fornirà un maggiore impulso agli investimenti rispetto a quanto promesso da gruppi come la CBI e l’FSB. Le banche e i fondi speculativi non potranno più mettere in ginocchio la nostra economia. I laburisti metteranno fine all’economia truccata che dà vantaggi solo ai super ricchi per costruire una società che lavori per tutti e non per pochi”.
Slogan elettorale a parte, cosa può succedere se il doppio petto della finanza si sbottona?