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I legami a doppio filo fra Germania ed Europa

Israele,GERMANIA

Uno dei luoghi comuni più diffusi ultimamente nel dibattito pubblico (soprattutto in Italia) è che la Germania decide la linea politica dell’Europa. Naturalmente è vero che la Germania ha imposto ed impone le sue scelte (il rigore finanziario, il mito dell‘austerità espansiva, l’insostenibile modello mercantilistico, il rifiuto di alcuna forma di solidarietà) nelle istituzioni intergovernative, che purtroppo ancora oggi dominano il sistema decisionale della UE; laddove cioè può porre (o minacciare di porre) un veto sulle decisioni collettive (essenzialmente nel Consiglio, che in effetti prende la maggioranza delle decisioni in Europa).

Nelle istituzioni sovranazionali (nelle quali le scelte collettive vengono assunte a maggioranza) la Germania invece conta solo per il proprio voto, così come qualsiasi altro paese. Nella Commissione, nel Parlamento Europeo, nella Banca Centrale Europea il voto tedesco non è mai riuscito in questi anni a fermare l’emergere di una volontà comune, anche profondamente diversa da quella tedesca, come è accaduto sistematicamente in seno alla BCE negli ultimi anni. Ecco perché la Germania è più restia proprio a superare il metodo intergovernativo; a trasformare per esempio il Meccanismo Europeo di Stabilità in un bilancio sottoposto al metodo comunitario piuttosto che alla legge del più forte (ossia la Germania). Chi volesse fermare l’egemonia tedesca potrebbe semplicemente rivendicare la trasformazione della UE da organismo intergovernativo in una genuina democrazia sovranazionale.

C’è l’opportunità di farlo? Direi proprio di si. Il discorso di Macron alla Sorbona del 26 settembre scorso ha riaperto il cantiere delle riforme in Europa, mettendo sul tavolo dei futuri negoziati la disponibilità della Francia a condividere parti importanti della sovranità in settori strategici come energia, ambiente, infrastrutture, cultura, innovazione.

Il discorso di Macron costringe gli altri paesi europei a decidere da che parte intendono stare. Una scelta che interessa per prima proprio la Germania. Quello a cui stiamo assistendo nelle ultime settimane è che proprio sull’Europa, sul ruolo del paese nella UE, si sta spaccando il fronte politico tedesco, a testimoniare che non solo la Germania influenza l’Europa, ma anche che l’Europa influenza la Germania… e in maniera drammatica.

Il fallimento della coalizione “Giamaica” con liberali e verdi si è consumato esattamente su questo: su una profonda e insanabile visione del progetto europeo fra il leader liberale e Angela Merkel. Così come le trattative per una riedizione della Grosse Koalition con l’SPD (magari semplicemente in appoggio esterno) passano per rivendicazioni precise e ad oggi non condivisibili dalla Merkel sulle riforme necessarie in Europa.

Non sappiamo come si evolverà la situazione politica tedesca, ma se per la prima volta la Germania non è riuscita a formare un governo stabile in tempi brevi è soprattutto per una nuova linea di visione politica, che sta diventando dominante in tutto il Vecchio Continente, fra la difesa dei presunti interessi nazionali attraverso la chiusura al processo d’integrazione europea e la difesa degli interessi nazionali attraverso la condivisione della sovranità su scala anche europea. Fra chi intende fare l’interesse delle lobby al potere (che passa ancora per l’arroccamento su posizioni e politiche protezionistiche e mercantilistiche) e quello dei cittadini, che passa per la capacità di rispondere efficacemente alle sfide globali del mondo di oggi, impossibili da affrontare in un’ottica puramente nazionale. Un’evoluzione della quale dovremmo rallegrarci.



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