E’ l’election day. Uno per tutti, tutto in un giorno: politiche, regionali, amministrative. Silvio Berlusconi l’ha rilanciato su Twitter: “Nel 2018 gli italiani potrebbero votare 4 volte in 4 date diverse: politiche, regionali, comunali a due turni. Votare in un’unica giornata limita l’astensionismo e fa risparmiare almeno 500 milioni. Vale la pena pensarci… Comunque mi rimetto alla saggezza del capo dello Stato”. Forte della vittoria di Nello Musumeci in Sicilia, il leader di Forza Italia è al lavoro per individuare i candidati del centrodestra in vista della corsa a Palazzo Chigi. Mercoledì, Strasburgo deciderà sull’applicazione retroattiva della legge Severino, che ha decretato l’ineleggibilità dell’ex presidente del Consiglio. Al di là dei ruoli, Berlusconi sarà in campo: “Da punta, da regista o da allenatore”. Oltre alle politiche, nel 2018, come ribadito dal Cavaliere, gli italiani saranno chiamati alle urne in sette regioni e in oltre 750 comuni. Da qui l’idea di accorpare le elezioni in un’unica tornata. Berlusconi, prima di lanciare la proposta dell’election day sui social network, ne ha parlato a Porta a Porta. “Ci sono motivi oggettivi per spostare in avanti la data delle elezioni per la concomitanza di politiche, regionali, e comunali”, ha spiegato l’ex capo del governo. “Il fatto di non fare tutto nella stessa giornata comporterebbe 500 milioni di spese in più. Se dovessi decidere da solo indipendentemente dal mio tornaconto, sceglierei per l’election day. Ma la decisione spetterà alla saggezza del capo dello Stato”. Secondo indiscrezioni parlamentari, ci sarebbe la volontà di istituire l’election day nella seconda metà di marzo. Sinora, l’unico a commentare la proposta di Berlusconi è stato il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che s’è detto contrario al voto accorpato, da lui ipotizzato a maggio: “Assolutamente no. Berlusconi Sbaglia a regalare altro tempo a un governo che fa solo disastri”.
CHI, DOVE, QUANDO SI VOTA
Sette regioni, di cui tre a statuto speciale: il prossimo anno si voterà in Lombardia, Lazio, Molise, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Dalle parti di Milano, dopo la vittoria al referendum per l’autonomia, il governatore uscente, il leghista Roberto Maroni, correrà per il secondo mandato. Anche il Pd, in attesa di eventuali alleanze con Mdp, ha già il suo candidato: è il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Il M5s, come sempre, sceglierà il suo aspirante governatore tramite le regionarie sulla piattaforma Rousseau: i favoriti sono il deputato Massimo De Rosa e il consigliere regionale, Dario Violi. Nel Lazio, il presidente in carica, Nicola Zingaretti, in quota Pd, dovrà vedersela con la grillina Roberta Lombardi e col primo cittadino di Amatrice, Sergio Pirozzi, in campo con una lista civica di centrodestra in attesa di possibili appoggi da parte dei grandi partiti. Nel Molise, invece, la ricandidatura dell’attuale governatore di centrosinistra, Paolo Di Laura Frattura, non è ancora certa. Nella stessa area, forte del 7,3% incassato dall’Idv nel 2013, ha dato la sua disponibilità a correre Antonio Di Pietro. Il centrodestra, invece, potrebbe puntare sull’ex governatore, Michele Iorio, fittiano di Direzione Italia. In Basilicata, cinque anni fa, gli elettori furono chiamati al voto in autunno. Per il centrosinistra vinse l’attuale presidente, Marcello Pittella. Per quanto riguarda le regioni autonome, il Friuli sarà un importante banco di prova per il Pd di Matteo Renzi e per il governatore in carica, Debora Serracchiani. In Trentino verranno rinnovate le amministrazioni provinciali di Trento e Bolzano, rispettivamente presiedute da Ugo Rossi, esponente del Partito autonomista trentino tirolese (Patt) e dall’altoatesino Arno Kompatscher, rappresentante della Südtiroler Volkspartei (Svp). La Valle d’Aosta, dal 2013, ha alternato tre governatori: Augusto Rollandin, Pierluigi Marquis e Laurent Viérin, quest’ultimo in carica col partito regionalista di centrosinistra dell’Union Valdôtaine Progressiste (Uvp). Per le amministrative si voterà in 19 capoluoghi di provincia: Ancona, Avellino, Barletta, Brescia, Brindisi, Catania, Imperia, Massa, Messina, Pisa, Ragusa, Siena, Siracusa, Sondrio, Trapani, Treviso, Udine, Vicenza e Viterbo. Da qui al 2018, però, potrebbero aggiungersene altri per eventuali scioglimenti dei consigli comunali. Nel 2013, in Lombardia, Lazio e Molise gli elettori votarono contemporaneamente per le regionali e per le politiche. La stessa cosa che vorrebbe Berlusconi il prossimo anno.