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Che cosa celano le ultime baruffe fra Donald Trump e Kim Jong-un

Il presidente americano Donald Trump ha lasciato il Vietnam, altra tappa del lungo viaggio a Oriente (ora andrà a Manila), con una serie di tweet velenosi contro i democratici e coloro che non credono che un avvicinamento con la Russia sia proficuo per la stabilizzazione di una serie di questioni internazionali (dalla crisi siriana, al terrorismo e il dossier ucraino). L’occasione è il discusso incontro-non-incontro di sabato con l’omologo Vladimir Putin a Da Nang, sede del vertice Apec a cui i due leader mondiali hanno presenziato. Niente di “scheduled”, hanno detto gli americani, un paio di incontri ovvi visto che i due erano nello stesso luogo, poche parole (condizione potenziale per eventuali scoop successivi sul detto e non-detto a proposito dell’incontro); Putin replica che “peccato” non ci sia stato modo di parlare di più, perché Trump è una persona “così piacevole”, e con furbizia aggiunge che “abbiamo parlato di quello di cui abbiamo parlato”.

In un tweet Trump dice che Mosca è fondamentale per i suoi obiettivi, ed elenca dossier ambiziosi tra cui, ovviamente visto l’area geografica da cui cinguetta, quello nordcoreano. Tweet successivo, tema Pyongyang: un insulto indiretto al dittatore Kim Jong-un; perché lui mi chiama “vecchio”, scrive il Prez (in realtà i media di Pyongyang lo chiamano proprio “bacucco”), mica io gli dico “basso e grasso”. E poi poche, significative parole: ce la sto mettendo tutta per essergli amico “e forse un giorno potremmo riuscirci”. L’Associated Press si chiede che cosa nasconda questo tweet: c’è forse un messaggio su eventuali contatti intavolati durante il viaggio asiatico?

Trump è stato anche a Pechino: la Cina è il grande tema della sua amministrazione, sia per il confronto commerciale che per quello politico globale, e il primo dei dossier comuni sul piano condiviso (la stabilità politica porta prosperità economica) è proprio quello che riguarda il nucleare nordcoreano. Accolti col tappeto rosso, onore non concesso per esempio al suo predecessore Barack Obama, Potus e Flotus hanno cenato con il presidente Xi Jinping e consorte nella Città Proibita, un’esclusiva assoluta (concessa a nessun altro leader straniero prima di lui). Questi contatti, che tanto hanno interessato molto le company americane, si sono portate anche l’inizio di una soluzione per il Nord?

Qualche giorno fa la CNN aveva un articolo informato in cui raccontava una strana preoccupazione dell’intelligence americana: perché, si starebbero chiedendo i servizi statunitensi, Kim non ha fatto altre mosse? Che cosa ha bloccato il leader del Nord, che da settembre non compie azioni dimostrative come i test su vettori missilistici (22) che hanno segnato gli ultimi mesi? C’è la mano cinese, che ha messo un freno severo allo stato vassallo? C’entra la deterrenza esercitata dalle minacce, anche pesanti, americane? E dire che la visita di Trump in Asia è uno di quei fatti che di solito scatena la retorica nordcoreana e li porta a sonori gesti propagandistici. O ancora, ci sono contatti in corso che potrebbero far scoppiare l’amicizia tra i due leader? Tra insulti e minacce, anche da Tokyo e da Seul, altre due tappe del lungo tour, Trump aveva spinto il Maresciallo coreano a mollare il nucleare e sedersi al tavolo negoziale.


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