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Una cospirazione antisemita su “la fine dei Romanov” sconvolge la comunità ebraica russa

Due nuove investigazioni in corso a Mosca sull’uccisione dei membri della deposta famiglia imperiale russa ai primi del ‘900 sconvolgono la comunità ebraica per la diffusione di una teoria che accosterebbe l’evento a ragioni rituali e alla cosiddetta “accusa del sangue”.

All’alba del 17 luglio del 1918, ormai un secolo fa, un gruppo di bolscevichi giustiziava ad Ekaterinburg lo zar Nicola II e la sua famiglia. Secondo alcuni studiosi, le cui posizioni trovano sponda in una parte della comunità ortodossa russa, sullo sfondo della vicenda di potere si sarebbe perpetrato un vero e proprio omicidio rituale.

Questa è una delle conclusioni cui potrebbe giungere una commissione d’inchiesta voluta dal Cremlino, composta da studiosi laici e da componenti della chiesa, per fare luce sull’episodio controverso che sancì la fine dei Romanov.

In occasione del centenario dalla morte dell’ultimo zar di Russia, che sarà celebrato nel 2018, il comitato di inchiesta sul caso ha istituito una commissione speciale per indagare sulla teoria dell’omicidio rituale, che è anche oggetto di approfondimento da parte di un comitato voluto dal patriarcato ortodosso. La vicenda è così controversa che una parte dei patriarchi disconoscerebbe finanche l’autenticità delle spoglie dei Romanov, rinvenute nel 1991 e nel 2007.

Come riportato dal The Moscow Times, la comunità ebraica protesta con forza poiché il tentativo di ricondurre l’omicidio a ragioni rituali avrebbe un chiara matrice antisemita, evidenziando un sentimento sempre più diffuso nella comunità ortodossa.

L’espressione “accusa del sangue” è, infatti, riconducibile alla teoria antisemita sull’uccisione di bambini cristiani da parte degli ebrei per berne il sangue.

Da Mosca il rabbino Boruch Gorin lancia un grido dall’allarme nell’intento di richiamare l’attenzione sul tentativo strisciante di alimentare odio verso la comunità ebraica: “L’idea dell’omicidio rituale della famiglia dello zar è al cento per cento antisemita. Siamo scioccati. Penso che quello che ha detto il vescovo Tikhon Shevkunov, che la maggioranza dei membri della commissione ortodossa crede in questa teoria, dimostri che c’è una fortissima retorica antisemita all’interno della Chiesa ortodossa russa”.

La protesta ha avuto eco a livello internazionale e rischia di deteriorare il confronto già teso tra ebrei e ortodossi. Il coinvolgimento indiretto del Cremlino, che ha istituito le commissioni d’inchiesta e ne ha determinato la composizione, contribuisce ad incrinare ulteriormente i rapporti con la comunità locale. Il riferimento al vescovo Tikhon Shevkunov è particolarmente pesante poichè lo stesso sarebbe comunemente considerato il più ascoltato ed importante consigliere spirituale di Vladimir Putin.

Lo spettro di un passato non troppo lontano, fatto di persecuzioni torna a spaventare un popolo nel cui animo è ancora vivo il ricordo dei pogrom, sommosse popolari antisemite, seguite da massacri e saccheggi, avvenute in più di una occasione nel corso della storia russa.

In particolare, il periodo caldo dei pogrom è stato proprio il quarantennio compreso tra il 1881 e il 1921, con il consenso – se non con l’appoggio – delle autorità. Nello stesso periodo storico è avvenuta “la fine dei Romanov” e il tentativo di accostare i due eventi getta il sale su una ferita mai rimarginata per la comunità ebraica che vive in Russia.



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