Il presidente russo Vladimir Putin ha formalizzato oggi la decisione di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali che si terranno a marzo 2018. Forse sarà sfuggito a qualcuno, ma finora non era ufficiale: ossia, il leader russo fino a poche ore fa non aveva sciolto le riserve su una corsa elettorale che non lo vede semplicemente come favorito, ma che sembra essere una mera formalità democratica con cui assicurare regolarità alla continuazione del suo mandato.
Putin, che ha fatto il suo annuncio oggi mentre si trovava in visita in una fabbrica di automobili a Nižnij Novgorod, è al potere dal 2000, alternandosi nel ruolo di primo ministro e presidente: dopo la vittoria elettorale, governerà fino al 2024. Il suo contender potenzialmente più forte, il leader delle spompate opposizioni, Alexei Navalny, a giugno è stato inibito dalla possibilità di partecipare alle elezioni perché accusato di appropriazione indebita; accusa che Navalny definisce “politicamente motivata”. Dunque attualmente soltanto la giornalista televisiva Ksenia Sobchak potrebbe essere un avversario di rilievo, sebbene i sondaggi diano margini di vittoria ampissimi a Putin.
La sfida per Putin non sono comunque gli altri candidati – nessuno sarà in grado di batterlo. Scrive la NBC: “Il suo compito più difficile sarà quello di mobilitare un elettorato che mostra segni di apatia ed assicurarsi un’alta affluenza, che nei limiti strettamente controllati del sistema politico russo è vista per conferire legittimità”.
Putin ha mantenuto negli anni il controllo sul paese: la sua popolarità è frutto di un mix di propaganda e pressioni, ma è anche legata all’immagine che di leader forte che proietta di lui; aspetto che gli ha creato appeal internazionale. Per le prossime elezioni potrà giocare sia sulla politica interna che su quella estera: l’economia russa sta tornando, debolmente, a crescere dopo anni, e contemporaneamente Mosca ha guadagnato – con prepotenza – un ruolo da interlocutore a livello globale con passaggi controversi come la presa della Crimea o il peso gettato alle spalle del regime siriano.
Altro aspetto interessante è già il post-Putin: con la prossima elezioni dovrebbe raggiungere il limite costituzionale di mandati, ed è questo il vero punto critico. Attualmente non c’è nessuno in grado di rimpiazzarlo, né per forza politica né per consenso, tanto meno per leadership, e lui non ha dato segni o indicazioni. Per esempio: vincendo Putin dovrà scegliere se lasciare Dmitri Medvedev come primo ministro o nominare qualcun altro, e questa decisione scatenerà un giro di intrighi sulla successione, in quanto chiunque detiene il posto del primo ministro è spesso visto come l’erede del presidente.