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Popolare di Vicenza, che cosa ha detto Gianni Zonin in commissione

Gianni Zonin

Bankitalia non ha mai fatto pressione alcuna per l’acquisto di Veneto Banca da parte della Popolare di Vicenza. Gianni Zonin (nella foto) lo ha chiarito subito in commissione banche, più o meno 10 minuti dopo aver varcato la soglia del Palazzo di San Macuto, sede della bicamerale. Ieri sera, l’ex dominus della banca vicentina, indagato per il crack dell’istituto, è stato ascoltato dalla commissione, dopo settimane di braccio di ferro sulla sua convocazione.

ZONIN SCAGIONA BANKITALIA

Il banchiere ha per prima cosa cercato di assolvere Bankitalia dalle accuse di aver caldeggiato un matrimonio tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza. “Non c’è stata nessuna pressione in alcun modo, ma era un’idea del nostro consiglio di amministrazione e del sottoscritto. E pensavamo che in quel momento poteva essere valido avviare un processo di fusione: non c’è stata pressione da nessuno”. Zonin è sceso ancora di più nei dettagli, parlando di incontri periodici con il management di Montebelluna, sede di Veneto Banca, per valutare le nozze: “Ce ne sono stati quasi annualmente, perché nel nostro consiglio era visto con interesse una fusione con Veneto Banca, mettendo insieme le due pecularità si guardava con interesse anche al Veneto, avere un grande istituto sarebbe stata un’ulteriore ricchezza”. E comunque, ha chiarito l’ex banchiere, “ordini da parte della Banca d’Italia per dire di fare un’acquisizione non ne abbiamo mai ricevuti”.

IL DOSSIER ETRURIA

E cosa dire dell’Etruria, la popolare fallita per decreto nel novembre 2015 su cui Bankitalia è stata nuovamente accusata di caldeggiarne l’acquisizione da parte di Vicenza (qui il focus di Formiche.net). Stavolta la versione di Zonin sulle mosse della Popolare di Vicenza è stata un po’ più tecnica. L’ex banchiere non ha tirato in ballo Via Nazionale, ma ha spiegato dettagliatamente le circostanze della mancata incorporazione. Per acquisire Banca Etruria, “siamo anche arrivati a predisporre un’Opa (Offerta pubblica di acquisto, ndr). Abbiamo valutato da 0,90 a 1 euro circa le azioni di Etruria, che erano il 15% circa sopra i prezzi di borsa correnti in quel momento. Abbiamo fatto questa Opa, e mi pare che il valore che avevamo esposto fosse di 212 milioni e 500 mila euro. Dopo qualche giorno la risposta è stata negativa e quindi abbiamo accantonato questo progetto”.

L’AUTOASSOLUZIONE DI UN BANCHIERE

C’è ancora di più nell’audizione dell’ex numero uno della Popolare di Vicenza. Per esempio, la sua completa estraneità ai meccanismi con cui venivano concessi i prestiti che poi non sono stati rimborsati: “I finanziamenti alle imprese erano di competenza dell’amministratore delegato, del direttore generale e delle strutture: c’era un direttore crediti fino ad una certa cifra. Sopra una certa cifra c’era il comitato esecutivo. Io non ho mai partecipato ad un comitato esecutivo in 19 anni. Non c’era un’intromissione della presidenza. Sopra i 50 milioni deliberava il consiglio”. Buio pesto anche sulle operazioni cosiddette baciate (prestiti connessi all’acquisto di azioni):”Ci furono due fatti uno nel 2014 e uno del 2015, arrivò una lettera di un dipendente che diceva che c’era la possibilità di finanziamenti baciati. Ci fu un’analisi degli organi di controllo ma non venne fuori niente. Nella primavera del 2014 in assemblea un socio si rivolse al collegio sindacale per dire che c’erano finanziamenti baciati ma anche in questo caso dopo verifiche non è risultato nulla”.

I SOLDI PERSI (DA ZONIN)

Una cosa, l’ex banchiere della Popolare di Vicenza, l’ha ammessa: di aver perso molti soldi nel crack della banca, lui e la sua famiglia. “Ero socio anch’io io e la mia famiglia abbiamo perso una cifra molto consistente. Ho sempre creduto nella solidità e nella capacità di crescita della banca”.

 



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