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L’Ilva, il Tap e l’ambientalismo a orologeria. Intervista a Elisabetta Gardini

ilva di maio istat

Non c’è molta differenza tra una grande impresa e un manicomio. Specialmente se la grande azienda si chiama Ilva e il manicomio Italia. Elisabetta Gardini europarlamentare di Forza Italia, membro della commissione ambiente di Bruxelles, è decisamente sanguigna quando gli si chiede di commentare la crisi di rigetto industriale che sta vivendo questo Paese, peraltro avallata in pieno, due giorni fa in un’intervista a questa testata dalla numero due di Confindustria, Marcella Panucci.

Onorevole, mi spiega che cosa sta succedendo a Taranto?

Molto semplice, stiamo tarpando le ali alla crescita e alla competitività in nome di un ambientalismo che di ambientalismo ha davvero poco. Tutto basato sulla precauzione a priori, tirata fuori a dovere. Ma allora che cosa dovremmo fare, non uscire più di casa e rimanere a letto per timore che qualcuno ci avveleni?

Lo chiameremo ambientalismo a orologeria, le piace?

È perfetto. Questo è il Paese dei No, che si fonda sul partito del No. Qui rischiamo di perdere, ammesso e non concesso che lo abbiamo già perso, uno dei gruppi più grandi d’Europa e che si fa? L’ennesimo ricorso. Che poi puntualmente viene perso. Tutti bravi a fare i difensori dell’ambiente. Peccato che qualcuno dimentica un piano di risanamento e bonifica perfettamente rispettoso delle regole.

Allora ha ragione Calenda quando sbotta contro chi cerca di far fuggire i nuovi investitori…

Ha le sue ragioni, ci mancherebbe. Ma io dico una cosa. Ci rendiamo conto oppure no che questo è il Paese dei ricorsi? Tutti impugnano qualcosa, si ergono a paladini non so di che. E questo anche quando ci sono opere strategiche di mezzo. È tutto un manicomio…

Se le dico Tap che mi dice?

Guardi sono furiosa, non mi faccia parlare…

E invece lo faccio. Prego…

Sono furiosa. Boccia (Francesco, presidente della commissione Bilancio della Camera che ha dichiarato inammissibile l’emendamento del governo per far arrestare chi si intrufola nei cantieri del Tap, ndr) ha fatto una cosa gravissima. Era una misura sacrosanta, che metteva al riparo un’opera così importante dai professionisti della protesta. Assurdo.

Il Tap è come l’Ilva?

Certo. Sono ambedue asset strategici per questo Paese, che interessi particolari e un ambientalismo di facciata vogliono fermare. Allora facciamo prima a tornare all’età della pietra, tutti nelle caverne. Le do due numeri…

Prego…

Il Tap prevede una rete di tubazioni di 8 chilometri. In Italia c’è una rete di 32 mila chilometri. Tutto questo putiferio per 8 chilometri su 32 mila? Andiamo…

C’è chi si preoccupa per la salute dei cittadini però…

Ma certo. Però questo è anche il Paese con la più lunga speranza di vita dopo il Giappone. Se fosse un Paese dove tutti siamo avvelenati da qualcosa dovremmo morire giovani. E allora? In più la bonifica dell’Ilva, così come il piano per la realizzazione del Tap, è perfettamente in linea con gli standard. Ma di che cosa ci stiamo preoccupando? Me lo dice lei?

Io faccio il giornalista…

Appunto. Però quanta parte di informazione cavalca questo tipo di proteste, totalmente fuori da ogni logica? Bisognerebbe impegnarsi a far capire, invece, che questi asset sono irrinunciabili.

Me lo dica dal cuore, come finirà sull’Ilva?

Spero bene…

Tra poco si vota…

E meno male.

 

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