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L’impatto ambientale della fabbrica Bitcoin

youbit

Il presidente francese Emmanuel Macron ha portato il caso dei Bitcoin al G20. Teme che organizzazioni terroristiche possano fare uso della criptomoneta per fare transazioni senza lasciare traccia. Per questo ha chiesto di estendere la normativa europea anti-riciclaggio anche alle monete virtuali.

Le criptovalute minacciano non solo la sicurezza internazionale. La produzione di Bitcoin è una fonte significativa d’inquinamento globale. Proporzionalmente al valore della criptovaluta aumenta anche il consumo di energia per la sua produzione. Secondo un report di Digiconomist, la generazione di Bitcoin consuma la stessa quantità di elettricità della Danimarca. Per WEForum la miniera di Bitcoin utilizza più energia elettrica della popolazione in Irlanda, Serbia o Bahrein. La crescita del consumo energetico è aumentata del 25% ogni mese, da quando la criptomoneta è sbarcata nel mercato finanziario internazionale. Se la tendenza si mantiene, nel 2020 la fabbrica della moneta virtuale avrebbe la stessa bolletta d’energia degli Stati Uniti.

Circa 3600 Bitcoin nascono ogni giorno attraverso un processo complesso battezzato “miniera”, che consiste in premiare con una di queste monete virtuali i computer che processano gli algoritmi attraverso un software specializzato. Il fenomeno delle monete virtuali ha aumentato il numero di macchine dedicate giorno e notte a produrre criptovalute, con un considerevole aumento del consumo dell’elettricità.

IL PREZZO (PER IL PIANETA) DEI BITCOIN

La domanda, dunque, non è soltanto se le criptomonete potrebbero sostituire le valute tradizionale, ma se il mondo ha la capacità di pagarle in termini ambientali. Gli Stati ancora dipendono da carbone, gas e petrolio per produrre energia, per cui l’uso di algoritmi digitali che consumano energia per produrre Bitcoin dipende da queste risorse. Inoltre, la produzione emette ossido nitroso, diossido di zolfo e diossido di carbonio, sostanze vincolate direttamente al cambiamento climatico.

L’economista Teunis Brosens spiega che una sola transazione con i Bitcoin ha bisogno di 200 kWh all’ora, la stessa quantità di elettricità che lui usa durante un mese in casa. I Bitcoin sono le criptomonete più “costose” in termini ambientali: una transazione con i Ethereum ha bisogno di 37 kWh, mentre un pagamento con la carta di credito usa 0,01 kWh. In realtà, tutto il mondo digitale dipende dell’energia e la spreca. Il data center di Google utilizza la stessa elettricità di 200mila case o una piccola cittadina.

I COSTI DELLA BOLLETTA ENERGETICA

Frances Coppola, giornalista della rivista Forbes, sostiene che le macchine dedicate a produrre Bitcoin devono “controllare tutte le transazioni precedenti per garantire che non ci siano duplicati. […] Ovviamente, nella misura che aumenta il numero di Bitcoin, aumentano anche i consumi energetici”. Circa il 60% delle entrate economiche della “miniera” virtuale è destinato a pagare i costi di operatività, tra cui le bollette dell’elettricità.

Tuttavia, c’è chi contesta la denuncia dell’impatto ambientale delle criptomonete. L’analista Marc Bevand, uno dei primi esperti che ha pubblicato sui Bitcoin, sostiene che il metodo di considerazione dell’uso energetico è sbagliato perché non prende in considerazione la tecnologia sempre più moderna ed efficace utilizzata dalle “miniere”. Jordan Pearso, giornalista di Vice e Motherboard, ricorda che Satoshi Nakamoto – forse l’inventore anonimo dei Bitcoin – diceva che le criptomonete sarebbero state così utili che l’unico spreco era non utilizzare l’elettricità per crearle. Purtroppo, ad oggi l’uso non giustifica ancora la spesa.


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