Quella di Matteo Renzi sulla Rai non è certo di quelle mosse che passano inosservate. D’altronde abolire il canone non è poca cosa e l’impatto su Viale Mazzini è garantito. Il perchè è presto detto: ci sono almeno tre ragioni per le quali è lecito irrigidirsi verso la proposta del leader dem, una di natura politica, le altre due più industriali.
Punto primo, eliminare il canone per sostituirlo con un trasferimento statale deciso dal governo significa togliere la Rai dalle mani del Parlamento e legarla a doppio filo all’esecutivo. Non sono più i telespettatori che pagano il servizio pubblico ma il governo che, di manovra in manovra, decide quanto Viale Mazzini deve incassare. Risultato, un colpo secco all’indipendenza della Tv pubblica, peraltro sancito dalla Corte Costituzionale, che ne assicura il controllo parlamentare e spazio a un vero e proprio finanziamento pubblico deciso dal governo di turno. Una cosa, fa notare una persona ben addentro agli ambienti Rai, che ricorda l’Unione Sovietica e le sue tv di Stato e forse anche per questo prontamente respinta al mittente dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, il quale ha bollato il tutto come una sorta di burla.
Fin qui la politica. Poi ci sono questioni meno “morali” e più tecniche. Per esempio, il piano renziano sulla Rai prevede in connessione all’abolizione del canone, di far saltare il tetto alla pubblicità, per portarla a competere alla pari con Mediaset. Eppure ad oggi Viale Mazzini vanta una delle soglie pubblicitarie più alte d’Europa, intorno al 30-40% contro un 3-4% della Bbc, per intendersi. Difficile giustificare agli occhi dell’Ue un ulteriore innalzamento dei tetti che verrebbe visto quasi sicuramente come una violazione delle regole Antitrust. Non è tutto.
Un simile favore innescherebbe la reazione delle televisioni private, le quali si chiederebbero perchè un’azienda che ha vissuto di canone e che ora potrebbe campare di finanziamento pubblico dovrebbe vedersi allargato il proprio bacino di raccolta pubblicitario? Peraltro in un mercato, quello della pubblicità, non proprio in ottima salute. Si andrebbe alla Corte europea, con fior di ricorsi contro lo Stato italiano. A questo punto la domanda è una e una sola: ce ne è abbastanza per stroncare sul nascere la proposta di Renzi?