Assisto sbigottito alla rincorsa delle promesse elettorali da parte dei maggiori partiti e mi chiedo quale sia la reazione dei miei concittadini: se si accorgono, cioè, di essere profondamente disistimati da coloro che pretendono di rappresentarli nelle istituzioni della democrazia e che, per ottenere il loro voto, non esitano a raccontare che gli asini volano.
Purtroppo, non sono ottimista: l’opinione pubblica da anni viene orientata da programmi televisivi che hanno fatto del disfattismo la loro linea editoriale e che hanno contribuito ad incoraggiare tutte le rivendicazioni, a prescindere dai loro contenuti. Ma c’è un limite anche alla dabbenaggine. I nostri concittadini non saranno tanto sciocchi dall’andare alla ricerca dell’Orto dei Miracoli per trovare il tesoretto sepolto a Pinocchio. Anche perché sanno che ci sono già passati il gatto e la Volpe. Ma nel dibattito politico viaggiano anche, con inaudita leggerezza, contenitori non protetti di nitroglicerina che possono esplodere da un momento all’altro.
Intendo riferirmi alle promesse in materia di pensioni, la cui gravità non viene sufficientemente compresa perché vi è la tendenza a considerare il pensionamento alla stregua di un Giardino dell’Eden dove ognuno dovrebbe avere secondo i suoi bisogni (e non i suoi meriti). Nei giorni scorsi hanno espresso condivisibili giudizi e preoccupazioni, sul Corriere della sera, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul futuro del sistema pensionistico il cui equilibrio non è garantito per sempre, dal momento che dipende da variabili – prima fra tutte l’andamento dell’economia e della occupazione – i cui trend sono mutevoli (quasi mai si è verificato il quadro macroeconomico preso come rifermento per prevedere gli effetti delle riforme).
È giusto che due autorevoli commentatori prendano posizione, perché se è vero che il M5S e la Lega (la quale si sta tirando dietro tutto il centrodestra compresa Forza Italia) ha dichiarato guerra alla riforma Fornero, in realtà non c’è nessuno che la difenda (basta assistere al vilipendio che ne fanno i talk show) neppure nella maggioranza. È altrettanto vero, come sostengono i due economisti, che, grazie alle diverse tipologie dell’Ape, i governi Renzi e Gentiloni hanno difeso taluni aspetti più importanti della legge del 2011. Attenzione, però, le agevolazioni per le categorie disagiate (una definizione che non ha alcun valore scientifico) sono un grimaldello con il quale i sindacati, ad ogni legge di bilancio chiederanno ulteriori inserimenti oltre le attuali 15.
Poi c’è una via d’uscita di carattere strutturale – quella riservata ai c.d. precoci – che sarà molto utilizzata dalle generazioni dei baby boomers, le quali sono in grado di avvalersi di tutte le forme di pensione anticipata – soprattutto se si tratta di lavoratori maschi – ad un’età intorno ai 60-61 anni, perché hanno avuto la possibilità di entrare presto nel mercato del lavoro e di restarci a lungo e stabilmente. Al di là dei costi assolutamente insostenibili ipotizzati dai due economisti, nel caso di ulteriori e più significative manomissioni della riforma Fornero (ripeto: quell’impianto ha già subito mutilazioni gravi; basti pensare alle risorse destinate a ben otto salvaguardie per i c.d. esodati) non dobbiamo dimenticare che le misure adottate nel 2017 hanno comportato un aggravio di spesa di 7 miliardi in un triennio, mentre quelle della legge di bilancio per il 2018 aggiungeranno altri 2 miliardi in un decennio. Per non parlare poi della pensione minima – a mille euro per 13 mensilità – contenuta nel programma di Silvio Berlusconi: un vero e proprio “gettare soldi dall’elicottero” sulla platea dei pensionati. Senza porsi una domanda di buon senso: chi potrà contare comunque su un assegno di tale entità, avrà interesse a versare i contributi?
Bisogna trovare il coraggio di denunciare l’insussistenza dell’equazione poveri = pensionati. L’universo delle persone in quiescenza viene, infatti, presentato come se fosse organizzato su due poli: uno di tanti poveracci che non arrivano alla fine del mese e che compiono miracoli con le poche centinaia di euro che ricevono; l’altro di un gruppo di ricconi – percettori di trattamenti dorati – da mettere alla gogna e da sottoporre ad esproprio proletario. Nella diffusione di questa “bufala”, i media soprattutto televisivi, portano una responsabilità enorme.