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Dall’Atlantico al Mediterraneo. Così il Pentagono guarda (anche) alla missione in Niger

niger, Afghanistan

Sono ore di contatti più intensi del solito a Washington fra il Pentagono e i diplomatici italiani. Il canale di comunicazione sempre attivo registra un picco di attività legato all’imminente voto del parlamento sulla missione in Niger e nord Africa e soprattutto in relazione alla visita, programmata a febbraio, del segretario della Difesa americanoJames Mattis.

La visita istituzionale a Roma si collocherà nellambito di una missione europea che farà tappa anche a Monaco e Bruxelles, dove è in programma una riunione tra i ministri della Difesa dei Paesi Nato. La capitale italiana ospiterà un vertice della coalizione internazionale impegnata nella lotto contro Daesh ma il numero uno del Pentagono ha voluto cogliere questa opportunità per programmare un bilaterale con la ministra Roberta Pinotti (nella foto)

Come anticipato anche nei più recenti colloqui svolti nella sede del dipartimento della difesa a Washington, l’impegno internazionale del nostro Paese è molto apprezzato. Quella transatlantica è una collaborazione antica e i militari italiani sono da sempre motivo di vanto e orgoglio. Sul piano politico e diplomatico questa relazione è stata (se possibile) ulteriormente consolidata dal ruolo svolto dalla Pinotti in questi cinque anni, nei quali è stata prima sottosegretaria e poi ministra. I segnali dati sugli investimenti in difesa e soprattutto la qualificata presenza italiana nei diversi quadranti di crisi sono oggetto di un riconoscimento non formale.

La nuova missione in Niger, ben illustrata sia dalle forze armate che dalla nostra ambasciata negli Stati Uniti, è guardata con particolare interesse. L’attenzione verso l’Africa si sta facendo sempre meno marginale nelle valutazioni del Pentagono, anche in vista della imminente revisione della loro strategia di difesa. In questo senso, la presenza e il ruolo italiano vengono guardati con favore. L’area infatti non solo appare cruciale per il traffico di essere umani e di armi ma sta diventando uno snodo significativo per i terroristi nonché un luogo di maggiore influenza della Cina che gli Stati Uniti vogliono contenere, come spiegato dalla nuova dottrina Trump contenuta nella National Security Strategy.

Bene, benissimo dunque, la nuova missione ma – la raccomandazione dell’alleato è chiara – non ci si può permettere di abbassare la guardia in Iraq e, soprattutto, in Afghanistan. Le esigenze di sicurezza internazionale e di stabilizzazione dei processi di pace continuano a essere parte cruciale di una visione comune che i cambi di governo a Roma come a Washington non offuscano. Anzi. La difesa, grazie allo sforzo congiunto di militari e diplomatici (positivamente apprezzati negli Stati Uniti), continua a rendere le due sponde dell’Atlantico più strette. Sarà lo stesso Mattis a sottolinearlo, a Roma fra poche settimane.

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