A guardare il dibattito elettorale italiano in controluce rispetto a quello francese dello scorso anno, o a quello di queste settimane per la formazione del Governo in Germania, c’è da rabbrividire.
Da un lato un elettorato, quello italiano, che sempre più esprimerà in maniera massiccia il proprio voto scegliendo “il meno peggio” (chiunque ritenga che sia) o votando invece proprio “il peggio” (ancora una volta indipendentemente da chi ritiene che lo incarni), nella speranza che almeno un ultimo tragico atto di espressione della volontà dei cittadini possa indurre il sistema a cambiare, ad evolversi, che trasformi in un paese finalmente adulto un teatrino delle marionette in cui viene solo messo in scena uno spettacolo (peraltro desolante) volto a consentire agli attori principali di ripresentarsi sulla scena a fingere di prendersi a colpi. Una politica spettacolo, senza alcuna serietà e rispetto per i cittadini; fatta di promesse elettorali impossibili, di slogan ai limiti del reato penale, di ribaltoni giornalieri tra una posizione e il suo opposto. Senza comunicare un’idea del paese, dell’Europa, del mondo in cui viviamo. Né su come pensiamo di muoverci in questo complesso sistema di interdipendenze che non possono essere semplicemente cancellate per decreto, o innalzando un muro. Una campagna in cui le poche persone pensanti sono costrette a nascondersi, a tenersi in disparte, o lasciate ai margini dai media e dai leader; costruita, al massimo, sull’acquisto di qualche personalità nota e magari dotata di qualche idea che (per motivi più o meno onorevoli) decide di immolarsi a questo squallore generale, per cercare di raccogliere consensi anche da segmenti più attenti (ma non meno irrequieti) della popolazione.
Dall’altro la consapevolezza, dolorosamente piena e resa angosciosamente esplicita ma anche accompagnata da dignità, responsabilità, coraggio e visione strategica, che la civiltà europea non sia più compatibile con la forma di Stato a sovranità assoluta ed esclusiva; ma che la sovranità debba essere condivisa (almeno in certi ambiti), per poter essere esercitata appieno. Questa la sostanza dei discorsi di Emmanuel Macron, sulla quale ha deciso di giocare il suo presente e futuro politico. Questo il nocciolo dell’accordo col quale Angela Merkel e Martin Schulz cercheranno di dar vita ad un’ennesima ‘große Koalition’ che nessuno dei due vorrebbe. Ma che nessuno dei due può evitare per assicurare un futuro al paese, per evitare il declino secolare dell’Europa, per garantire un modello meno suicida rispetto a quelli oggi dominante (si pensi a Trump, alla Corea del Nord) per la convivenza umana.
Non sappiamo ancora se questo governo tedesco si farà. Il percorso è ancora in salita. Né conosciamo i termini del nuovo Trattato dell’Eliseo, che 55 anni fa consolidò i rapporti di collaborazione tra Francia e Germania e che Macron e Merkel renderanno il cuore del rilancio del processo d’integrazione europea, che verrà sottoposto congiuntamente all’ approvazione dell’Assemblea Nazionale Francese e del Bundestag tedesco il prossimo 22 gennaio. Ma sappiamo che quel documento presenterà anche (e forse in primis) un piano di riforma dell’eurozona. Un’eurozona nella quale siamo anche noi parte integrante. E senza la quale il caos finanziario, economico e sociale prevarrebbe nel nostro paese.
Più che per qualsiasi altro Stato, sarebbe strategico che l’Italia entrasse nelle trattative di accordi che sembrano delineare una direzione di marcia aperta ma non negoziabile. Cercando compromessi, intavolando trattative, facendo controproposte credibili. Temi come la ridefinizione del Fiscal Compact, la creazione del Fondo Monetario Europeo e la sua governance (se intergovernativa o democratica), le politiche di coesione sociale, la ridefinizione dell’ammontare e della composizione del bilancio europeo, le risorse proprie, la piena realizzazione dell’Unione Bancaria: tutti elementi che cambiano in profondità la qualità della nostra quotidianità ed i margini di manovra sulla nostra economia. Ma che sembrano invece elementi eterei che non vale nemmeno la pena nominare, se non per formulare critiche generiche e di solito disinformate.
Complimenti vivissimi alla nostra classe politica, per aver continuato e continuare a mandare in onda lo spettacolo grottesco delle finte lotte politiche, degli slogan, delle boutade, allontanandoci da quell’asse franco-tedesco che è ancora oggi (e forse più oggi rispetto a qualche decennio fa) anni luce avanti (o altrove) rispetto alle fittizie beghe politiche del Bel Paese.
Mi viene da sorridere pensando alle normative sulla par condicio in questo periodo pre-elettorale. Un sorriso amaro. Perché viene così facile e spontaneo indirizzare accuse infamanti, con piena par condicio, ai politici di tutto l’arco parlamentare italiano…