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La cifra dell’incertezza. La Casa Bianca un anno dopo secondo Magri (Ispi)

A un anno esatto dall’inauguration day, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si trova un regalo amaro per il suo primo anniversario, il governo è in shutdown, bloccato dall’assenza di un accordo tra democratici e repubblicani al Congresso per rinnovare il finanziamento federale. Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale,

Che cosa è cambiato con la presidenza Trump? “Lo stile presidenziale innanzitutto; imprevedibile, aggressivo, a volte volgare. Alcuni di questi tratti hanno caratterizzato altri presidenti ma non erano “pubblici”. Con i suoi tweet (e con le soffiate che escono dalla Casa Bianca) Trump mette invece in mostra tutto”.

Dove questa amministrazione è in continuità con le precedenti? “Paradossalmente nell’America First (il claim centrale della campagna elettorale, il richiamo nazionalista, ndr). Nessun presidente americano ha mai messo i suoi cittadini al secondo posto: la questione vera è come, a scapito di chi, con quali strumenti e quale successo”.
E dove ci sono le discontinuità più profonde?Nel fastidio esplicito verso il multilateralismo; nei toni verso l’immigrazione; nella politica mediorientale (dal sostegno ancor più forte ai sauditi, alla posizione nei confronti dell’Iran, alla decisione su Gerusalemme capitale) e poi sulla questione dell’Ambiente”.
La presenza di Trump ha inasprito la concorrenza con alcuni avversari e ha allargato qualche distanza con alcuni alleati? “Per ora si è visto più il crescere della distanza con gli alleati (Europa, Turchia, Egitto, Canada, Messico) che la maggior concorrenza con gli avversari. Con la Russia c’ è stato senz’altro uno stop all’iniziale idea di riavvicinamento, ci sono frizioni sulla Siria e attorno alle armi all’Ucraina, ma non siamo tornati alla guerra fredda (o perlomeno Trump non ha peggiorato i rapporti già tesi dell’epoca dell’amministrazione Obama). E nessuna delle misure più drastiche contro la Cina previste nel programma elettorale è finora stata attuata.
In definitiva, cosa c’è di positivo e cosa di negativo in questo primo anno di amministrazione per l’equilibrio globale e per un alleato come l’Italia? “Di positivo il fatto che Trump sia più attivo su Twitter, con gli annunci che non si traducono in azioni concrete, più che in iniziative reali in ambito internazionale. Non vuole, o non può, fare tutto ciò che pensava fosse “giusto” per l’America e per il mondo. Questo genera però incertezza in un mondo dove da anni (e non per colpa di Trump) l’incertezza regna sovrana. La preoccupazione principale è che qualcuno approfitti di questa incertezza, interpreti in modo scorretto i messaggi ambigui che l’America sta dando al mondo e da ciò scaturisca (nel Medio Oriente oppure in Corea) una vera crisi internazionale dove vedremmo necessariamente all’opera la capacità di giudizio dello “stable genius” (il genio stabile, come Trump s’è autodefinito giorni fa, quando un libro ne ha messo in discussione la stabilità intellettuale, ndr). E ne faremmo, credo, volentieri a meno…”
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