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Perché il prossimo Parlamento dovrà approvare una legge sulla finanza islamica

Il prossimo Parlamento, di qualunque colore sia, dovrà occuparsi di un dossier molto pesante: quello relativo alla finanza islamica (qui lo speciale di Formiche.net). Un affare da quasi 2.000 mila miliardi di dollari (poco meno del debito pubblico italiano) che pesa per quasi il 3% sul valore della finanza mondiale, grazie a un ritmo di crescita del 10-12% annuo. Una finanza etica, ispirata ai principi del Corano (vietato investire nell’alcol e armi, per esempio) e imperniata sul sukuk, l’equivalente della nostra obbligazione. Dopo il Regno Unito, tra i primi ad aprire le porte alla finanza islamica grazie ad un’apposita legislazione in grado di adattarla alla legge finanziaria inglese, anche l’Italia ha deciso di giocare il suo asso. Solo che, contrariamente alle previsioni della vigilia, occorrerà aspettare ancora un po’.

UNA LEGGE (FERMA) IN PARLAMENTO

In commissione Finanze alla Camera giace da qualche mese una proposta di legge articolata a firma Maurizio Bernardo (Pd), che fornisce una prima completa regolamentazione della finanza shari’a compliant. Il cuore della legge riguarda i principali istituti finanziari ispirati al Corano. Ovvero l’obbligazione (sukuk), il mutuo (murabaha), e i leasing finanziari e operativi (ljarah e istisna’a). L’obiettivo è sottoporre i cardini della finanza islamica a quattro tipologie di imposte. L’Iva, l’Ires, l’imposta sui redditi societari, le imposte su bollo e registro e quelle sulle concessioni governative. In questo modo la commissione Finanze mira a una prima armonizzazione della finanza islamica, con l’obiettivo nemmeno troppo celato di veicolare importanti capitali provenienti dai Paesi del Golfo, in Italia.

CERCASI SPRINT

Nelle ultime settimane, in concomitanza con l’avvicinarsi della scadenza della legislatura, sulla finanza islamica ci si aspettava uno sprint della legge. Che però non è arrivato. E ora, dalle indiscrezioni raccolte da ambienti della commissione emerge la volontà di passare la palla al prossimo Parlamento. Che dovrà necessariamente rispolverare prima dell’estate la proposta del Pd per non rimanere uno dei pochi Paesi occidentali con una legislazione poco incline ad accogliere capitali dei Paesi musulmani.

OBIETTIVO BREXIT

D’altronde, come aveva spiegato tempo fa lo stesso Bernardo a Formiche.net, l’occasione è ghiotta per l’Italia. Molte masse di capitale stanno infatti cercando altri lidi in Europa all’indomani della Brexit e sottoporre a tassazione, seppur agevolata, tali flussi potrebbe portare all’Erario parecchi soldi.  “Ho pensato a questa legge dopo la Brexit, per intercettare un mercato gigantesco, che con la Brexit potrebbe prendere altre strade. Il  tutto ovviamente a beneficio del Paese, perché tali operazioni produrrebbero gettito. Senza considerare anche i benefici per il sistema bancario, visto che verrà allargato il segmento delle banche che gestiranno gli strumenti di finanza islamica. Sono vuoti che andavano colmati”.

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