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Il pianeta delle scimmie

Sull’ultimo numero di Cell, uno dei giornali più importanti al mondo per quanto riguarda la ricerca biomedica, è stato pubblicato un articolo in cui si descrive la produzione di due gemelli di scimmia macaco, una specie di primate evolutivamente vicino all’uomo. Il lavoro è frutto di un laboratorio di ricerca cinese, l’istituto di Neuroscienze a Shangai. Le due scimmiette sono state chiamate Zhong Zhong e Hua Hua, che in Mandarino indicano nazione e popolo cinese.

La tecnica utilizzata è essenzialmente un’evoluzione di quella sviluppata per creare la pecora Dolly nel 1996 e noto come somatic cell nuclear transfer (trasferimento di nuclei da cellule somatiche ad oociti non fecondati). La tecnica permette di ottenere delle specie di fotocopie biologiche di un animale nel senso che gli animali ottenuti contengono tutti lo stesso Dna dell’individuo da cui sono stati prelevati i nuclei. Ci sono voluti 21 anni per passare dalla pecora alla scimmia. In questi 21 anni sono aumentate notevolmente le nostre conoscenze sui meccanismi di riprogrammazione nucleare e di controllo dell’espressione genica che sono alla base del processo di clonazione.

In questo lasso di tempo il motore della ricerca scientifica si è arricchito di nuovi poli di sviluppo e si è spostato dall’Occidente all’Oriente. Sempre più spesso si parla di nuove scoperte in ambito biomedico fatte in laboratori cinesi o coreani o a Singapore a testimoniare gli enormi progressi che sono stati compiuti in pochi anni in questi Paesi, fino a pochi decenni fa considerati sottosviluppati. Un chiaro esempio di come una classe politica possa in breve tempo cambiare radicalmente lo stato economico, culturale, scientifico e tecnologico di un Paese. Al tempo stesso un’ulteriore dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, del fatto che ormai viviamo in un mondo sempre più integrato di produzione culturale scientifica ed economica.

Essere riusciti ad applicare la tecnica della clonazione ad una scimmia apre la strada ad una serie di studi in ambito biomedico e al tempo stesso pone importanti quesiti etici. Alcuni si interrogano sul fatto che prima o poi questa metodica possa venir applicata nell’uomo anche se, ovviamente, l’impegno tecnologico, economico ed umano per farlo richiede necessariamente delle scelte politiche a livello di Stato. Inoltre, sebbene migliorato rispetto ai protocolli precedenti, bisogna ricordare che sono state necessarie ben 60 madri surrogate per produrre due soli piccoli.

Più serio è il fatto che questo sviluppo tecnologico apre la possibilità di fare sperimentazioni importanti utilizzando animali come le scimmie molto vicine all’uomo. Se questo non sembra essere un problema nella cultura cinese, lo è sicuramente nel mondo occidentale.

Eliminando completamente la variabilità genetica (tutti gli individui clonati hanno lo stesso Dna) è chiaro che si possono sviluppare modelli animali di malattie socialmente importanti quali il morbo di Alzheimer per cercare di capire il peso della componente ambientale (dieta, farmaci, stile di vita) utilizzando un numero ridotto di animali. Proprio per questo, con una visione chiaramente proiettata sul futuro, uno degli autori, Muming Poo, pensa che il loro centro diventerà il Cern della neurobiologia, fornendo scimmie clonate a tutto il mondo.


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