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Chi spara sui social e chi spara davvero (a Macerata). L’urgenza di abbassare i toni sull’immigrazione

Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sull’impatto del tema immigrazione sulla campagna elettorale, la sparatoria di Macerata dovrebbe aver aperto definitivamente gli occhi. Un sabato mattina, un certo Luca Traini decide di risolvere il problema sparando contro alcuni uomini di colore nel centro della città marchigiana, ferendone diversi, prima di essere fermato dalle forze dell’ordine e di scoprire che nelle amministrative dello scorso giugno si era candidato nel comune di Corridonia con la Lega.

Il gravissimo episodio dovrebbe far riflettere sui toni di questa campagna elettorale e sui modi con i quali si promette di intervenire per regolamentare l’arrivo, l’accoglienza o il rimpatrio degli immigrati. La conferma che siamo su un crinale pericoloso è venuta dalle poche, chiare parole pronunciate dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, in una dichiarazione ufficiale a Palazzo Chigi: “Delitti efferati e comportamenti criminali saranno perseguiti e puniti, questa è la legge, questo è lo Stato”, ha detto riferendosi al crudele omicidio della diciottenne da parte di un nigeriano nel Maceratese e la sparatoria che forse ne è la conseguenza. “Odio e violenza non riusciranno a dividerci”, ha aggiunto Gentiloni invitando alla calma: “Confido nel senso di responsabilità delle forze politiche”, non c’è “nessuna motivazione ideologica” che tenga, “i delinquenti sono delinquenti e lo Stato sarà particolarmente severo verso chiunque pensi di alimentare una spirale di violenza”.

Ascoltando nei giorni scorsi alcune dichiarazioni sull’immigrazione si è avuta l’impressione di cogliere errori uguali e contrari: l’omicidio della diciottenne ha convinto Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, a rilanciare l’idea del blocco navale per “impedire l’invasione” mentre Emma Bonino, leader di +Europa, da settimane insiste sulla necessità di “integrare” i 500mila immigrati irregolari presenti in Italia, cioè di sanarli. Evidentemente Bonino ha una visione della società italiana del tutto diversa da quella che si percepisce non solo nelle periferie, ma anche nel cuore delle città, e sembra non capire che Onu, Ue, governi occidentali e istituzioni italiane (dal Quirinale in giù) sostengono l’obbligo del rimpatrio dei cosiddetti migranti economici perché non possiamo accogliere tutti. Se dunque Meloni ha ragione nel sostenere che chi non ha diritto di restare dev’essere rimpatriato, anche se svicola sulle difficoltà diplomatiche, insistere sul blocco navale significa continuare a prendere in giro gli elettori perché il blocco navale è giuridicamente un atto di guerra e perché sembra complicato che una nave militare possa costringere un barcone pieno di immigrati ad accostare e a mostrare patente e libretto.

I toni di Matteo Salvini, poi, sono costantemente durissimi. Essendo un politico intelligente, sa che la sparatoria di Macerata non lo aiuta affatto, tanto da affrettarsi a commentare che “chiunque spari è un delinquente, a prescindere dal colore della pelle”, anche se “un’immigrazione fuori controllo porta allo scontro sociale”. Stavolta è difficile dargli torto purché capisca che eccedere nei toni amplifica lo scontro sociale. Purtroppo, però, l’episodio di Macerata sembra l’ennesima scusa per continuare a vomitare insulti. “Il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini. Lui e le sue parole sconsiderate sono oramai un pericolo mortale per la tenuta democratica” ha scritto Roberto Saviano su Twitter mentre sull’altro “fronte” qualcuno ha pubblicato un ignobile post su Facebook che recita così: “Sgozzata da un nigeriano inferocito. Questa è la fine che deve fare, così per apprezzare le usanze dei suoi amici, Laura Boldrini”. Il fotomontaggio è stato segnalato dai “Sentinelli di Milano”: pur rimosso, il post sarebbe stato copiato e diffuso da altri.

Molti avranno dimenticato l’episodio capitato il 30 agosto scorso al quartiere Tiburtino III di Roma, dove una donna denunciò di essere stata sequestrata con il nipotino dentro un centro di accoglienza per immigrati. Ci furono scontri con i residenti che si definivano esasperati prima di capire che la storia era stata inventata dalla donna, successivamente arrestata per un furto in un supermercato. Inventato il sequestro, non l’esasperazione. Raccogliendo i pareri degli abitanti, il Corriere della Sera riferì che uno di loro si sfogava raccontando i mille problemi che presentava quel centro di accoglienza per i comportamenti non proprio cristallini degli ospiti: “Mo basta, io mi sono fatto quasi vent’anni dentro per rapina…”, e a buon intenditore poche parole.

In sostanza, tutti sanno che gran parte degli immigrati ospitati in Italia andrebbe rimpatriata, ma molti paesi non li rivogliono indietro. Il primo, grande, sforzo bipartisan dovrebbe essere quello di una comune attività diplomatica per giungere a questo obiettivo. Nel frattempo, abbassate i toni prima che ci scappi il morto.



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