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Macerata e il dilemma della sinistra sulla sicurezza

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Un anno fa, poco dopo essere diventato ministro dell’Interno, Marco Minniti cominciò a esporre il concetto per cui “sicurezza è una parola di sinistra”. Un concetto non nuovo per lui, ma certo nuovissimo per una larga parte della sinistra che ha continuato a identificare “legge e ordine” come un mantra della destra conservatrice. Finché i voti hanno cominciato a scemare e qualcuno, sottovoce, ha cominciato a porsi qualche domanda. “È vero che spesso un impulso securitario nella società e nell’opinione pubblica produce uno spostamento a destra dell’elettorato, ma sono da sempre convinto che la sicurezza sia pane per i denti della sinistra”, disse Minniti all’Espresso.

Un anno dopo tre nigeriani sono stati arrestati a Macerata con l’accusa di aver ucciso e fatto a pezzi la diciottenne romana Pamela Mastropietro, tragica conclusione di uno spaccio di droga. La successiva decisione del nazifascista Luca Traini di vendicare quella ragazza sparando a diversi immigrati di colore ha definitivamente spaccato la società italiana: c’è chi condanna un gesto folle aggiungendo un “ma non se ne può più” e chi fa finta di non capire magari inneggiando alle foibe, mentre la gente comune in certe ore e in certi quartieri ha paura a uscire di casa.

Due particolari sono stati sottovalutati nella vicenda di Macerata. Il primo è che i tre nigeriani siano richiedenti asilo, elemento che equivale a benzina sul fuoco delle polemiche sull’immigrazione: è normale che restino legalmente in Italia finché non viene valutata la richiesta, certo non lo è se nel frattempo spacciano e uccidono. La seconda notizia l’ha scritta Emanuela Fiorentino, vicedirettore di Panorama oggi a Mediaset, in un bellissimo articolo su Grazia nel quale racconta la perdita di innocenza della sua Macerata: Innocent Oseghele, il primo nigeriano arrestato, nella giornata del migrante del 14 gennaio ebbe coperte e beni di prima necessità dai parrocchiani di Santa Croce e addirittura fu chiamato sull’altare a ringraziare la città. Poi sarà uscito a spacciare.

La facile profezia di Minniti sui voti che si spostano a destra quando c’è un “impulso securitario” sembra si stia avverando in queste convulse settimane di campagna elettorale: l’elettorato moderato che è parte integrante anche del centrosinistra è confuso, quello più di sinistra resta ancorato all’anacronismo di ideali che non trovano riscontro nella realtà, gli altri non andranno a votare o cercheranno chi (a parole) promette più severità. Sullo sfondo resta un rapporto spigoloso tra sicurezza e sinistra vecchio di decenni. Minniti, che fa politica dagli anni Settanta, era a Palazzo Chigi come sottosegretario quando il governo di Massimo D’Alema partecipò alla guerra in Kosovo: un altro tipo di sicurezza, naturalmente, eppure quella volta Armando Cossutta, leader dei Comunisti italiani che facevano parte del governo, seppe solo da un’intervista tv del ministro della Difesa Carlo Scognamiglio che gli aerei italiani bombardavano. Cioè cominciarono una guerra senza dirlo a una parte del governo perché sarebbe stata contraria.

Oggi la sinistra deve affrontare una situazione molto diversa da quella del governo Prodi nel 1998, con Giorgio Napolitano ministro dell’Interno, quando si parlava di “emergenza immigrazione” perché nei primi venti giorni di luglio erano arrivati 2.700 immigrati, quando nel giugno 2017 ne furono salvati 13.500 in un week end e da lì partì la svolta di Minniti con la Libia. Oggi i cittadini di Macerata non vanno a sfilare in una manifestazione che non riconoscono come propria perché nata solo con significati politici e perché sanno sulla propria pelle che una Pamela uccisa e fatta a pezzi potrebbe essere dramma di qualunque città italiana. Il governo Gentiloni e il Pd devono confrontarsi con questo perché un “ma” lo pronuncia anche il presidente del Consiglio quando dice che “il bisogno di sicurezza dei nostri concittadini non è fittizio, non è un’invenzione della propaganda populista”, ma è “meschino e irresponsabile soffiare sulla paura”.

La realtà è che la sicurezza non è né di destra né di sinistra perché dovrebbe essere patrimonio di tutti. Al netto delle polemiche elettorali, tutti i partiti dovrebbero sforzarsi di far stanziare dall’Unione europea i fondi per aiutare i Paesi africani che, altrimenti, non riprenderanno mai gli immigrati che ospitiamo. Nel frattempo, si sente parlare meno di quelli che i vecchi cronisti di nera chiamano “pattuglioni”: operazioni di polizia o carabinieri che periodicamente danno una ripulita a piazze di spaccio, giri di prostituzione, criminalità di vario tipo. Sono come un’aspirina di fronte a una malattia seria, ma servono almeno per dare un segnale alla cittadinanza esasperata. Il 4 marzo si avvicina: dall’indomani, comunque andranno le cose, serviranno radicali interventi politici, diplomatici e operativi.


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