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Oltre il caso Eni, la spinta neo ottomana della Turchia e i rischi del conflitto con la Grecia

turchia

La Turchia minaccia di invadere la Grecia? Se lo chiede il giornalista turco, Uzay Bulut, in una lunga analisi pubblicata sul magazine Usa Gatestone Institute. Punto di partenza il recente episodio che si è verificato nelle acque dell’Egeo con lo scontro tra il pattugliatore greco “090 Gavdos” e il turco “Umut” della Guardia Costiera, dopo che Ankara aveva violato lo spazio aereo greco per 138 volte in un giorno.

SCONTRI

Lo scorso 13 febbraio è stata colpita una nave della guardia costiera greca vicino all’atollo di Imia, una delle tante isole greche per le quali la Turchia rivendica la sovranità. Ma è stato solo l’ultimo di una lunga serie, come accaduto lo scorso 2 agosto, quando undici F16 turchi avevano sconfinato per 12 ore di seguito nei cieli greci, provocando tredici decolli di aerei greci destinati ad intercettare gli intrusi. Immediata fu la reazione del ministero della Difesa di Atene che aveva segnalato l’episodio alla Nato e alle autorità internazionali. Gli sconfinamenti si concentrano nelle isole dell’Egeo orientale, come Limnos, Lesvos, Samos e Chios. Qualche giorno prima, il 28 luglio, un aereo spia turco CN-235 era stato respinto dall’aviazione greca.

Il partito di Erdogan, l’AKP, in Turchia sostiene (assieme a gran parte dell’opposizione) che un giorno o l’altro conquisterà quelle isole greche, con la logica che si tratta in realtà di territorio turco. E dopo la debole risposta euroitaliana contro lo schiaffo turco all’Eni, nel Paese questa consapevolezza aumenta. Sul caso, ecco l’annuncio della marina militare turca che ha deciso di prolungare sino al 10 marzo l’avviso relativo alle sue attività militari (Navtex) al largo di Cipro nel Mediterraneo. Ufficialmente è questo il motivo che da 10 giorni sbarra la strada alla nave da perforazione noleggiata dall’Eni Saipem 12000 impedendole di raggiungere la zona della ZEE di Cipro su licenza di Nicosia. E che rappresenta il vulnus della reazione turca circa le pretese che Erdogan avanza su quelle acque, pur non essendo confortate da leggi o trattati internazionali.

Infatti il trattato di Montego Bay, del 1982, sostiene che la sovranità dello Stato può estendersi per massimo dodici miglia fino ad una zona di mare adiacente alla sua costa, il cosiddetto mare territoriale, su cui il singolo Stato esercita le proprie prerogative. Invece lo sfruttamento esclusivo di minerali, idrocarburi liquidi o gassosi, che riguarda nello specifico il caso cipriota, si estende su tutta la propria piattaforme continentale, intesa come il naturale prolungamento della terra emersa sino a che essa si trovi ad una profondità più o meno costante prima di sprofondare negli abissi. Per cui lo Stato costiero legittimo, come è Cipro stato mebro dell’Ue, e non la parte nord occupata dalla Turchia e autoproclamatasi Repubblica turca di Cipro nord non riconosciuta dall’Onu, è unico titolare del diritto di sfruttare tutte le risorse biologiche e minerali del suolo e del sottosuolo.

GLI ANNUNCI DELLA POLITICA

Un mese fa Kemal Kilicdaroglu, leader dell’opposizione CHP, ha detto che quando vincerà le elezioni nel 2019, “invaderemo e prenderemo più di 18 isole greche nel Mar Egeo”, perché non c’è “nessun documento” per dimostrare che queste isole appartengono alla Grecia.

Maral Askenner, capo della neonata opposizione “Good Party”, ha anche invocato l’invasione e la conquista delle isole con un tweet: “Ciò che deve essere fatto”, ha scinguettato il 13 gennaio scorso.

Ed Erdogan ha chiuso con una frase sibillina: “Mettiamo in guardia coloro che hanno superato la barra nell’Egeo e Cipro”. E ha accostato la contingenza siriana con l’invasione militare nella regione Afrin al Mar Egeo e a Cipro. “Non pensate che la ricerca di gas naturale a Cipro e l’opportunismo nell’Egeo rimangono inosservati dal nostro radar” ha detto pochi giorni fa alla stampa locale.

E in riferimento ai giorni passati dell’Impero Ottomano, il Presidente ha continuato: “Quelli che credono di aver sradicato dal nostro cuore le terre che abbiamo perso cento anni fa sbagliano. In ogni occasione ripetiamo che la Siria, l’Iraq e altre parti della mappa non sono separate dalle terre della nostra patria. Combattiamo perché nessuna bandiera di uno stato straniero vada dove risuona l’appello islamico alla preghiera”.

TRATTATO DI LOSANNA

Il ritornello che Ankara ripete da almeno cinque anni è relativo alla contestazione del Trattato di Losanna, che nel 1923 disegnò i confini nell’Egeo ma anche quelli territoriali tra Turchia, Iraq e Siria. Il Trattato di pace, firmato nel luglio 1923 tra Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone, Grecia, Romania, Jugoslavia e Turchia, aveva per l’appunto fissato i confini del nuovo Stato turco formatosi dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano. Due anni fa per la prima volta Erdogan aveva annunciato ufficialmente di volerne una revisione, con la motivazione che non fosse vantaggioso per il suo Paese, ma trovando l’opposizione del governo greco.

Tra l’altro proprio le isole contese, nella zona più orientale dell’Egeo, sono nuovamente al centro del caso migranti con gli sbarchi che ricominciano: 117 tra migranti e rifugiati sono arrivati negli ultimi tre giorni a Lesbo, a Chio e a Samos mentre nel solo mese di febbraio sono stati in totale 575 gli arrivi, con ben 17 incidenti in 30 giorni tra gommoni affondati e scafisti che li hanno abbandonati in panne.

ALTA TENSIONE

Inoltre da tre giorni al confine settentrionale tra Grecia e Turchia, nei pressi del fiume Evros, si stanno svolgendo una serie di esercitazioni militari turche con un intenso movimento di truppe di stanza nella base di Adrianopoli, con carri armati, mezzi alfibi e soldati che hanno contribuito ad aumentare la tensione.

Lo scorso lunedì un motoscafo era stato intercettato dalla Guardia Costiera greca mentre trasportava illegalmente migranti dalla costa turca di Faliraki a Rodi. Dopo la localizzazione però non ha potuto procedere al salvataggio per l’ostruzionismo di un aereo turco e un elicottero che volavano a un’altezza molto bassa sopra il porto di Harnos, impedendo il salvataggio dei migranti. Sopo dopo 3 ore le autorità greche sono riuscite a trasferire i 15 migranti irregolari nel porto di Rodi.

twitter@FDepalo


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