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Industria 4.0 e investimenti, il senso di Calenda per Confindustria dopo Verona

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E’ vero, alle assise veronesi di Confindustria (qui lo speciale di Formiche.net sulla due giorni in Veneto) non c’era nemmeno l’ombra di un politico, figurarsi un esponente del governo. Molti hanno pensato all’ennesimo sintomo di una frattura sempre più ampia tra politica e industria. E invece no, un orecchio la politica ce l’aveva a Verona. Quello di Carlo Calenda (nella foto, al centro) il ministro dello Sviluppo Economico apprezzato da una larga fetta dell’imprenditoria italiana, senza distinzioni geografiche.

OK IL PIANO E’ GIUSTO

Ieri il responsabile dello Sviluppo ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore, dove di fatto ha fugato i timori di chi aveva visto nella kermesse di Verona una specie di adunata destinata ad essere dimenticata in fretta. Nulla di tutto questo, il governo, o almeno Calenda, pare aver preso molto seriamente il piano messo a punto da Viale dell’Astronomia: 250 miliardi di investimenti per portare il Pil italiano a una crescita del 2% annuo per cinque anni. “Nel progetto di Confindustria, che richiama in diversi punti quello messo a punto con Marco Bentivogli (il leader Fim-Cisl, co-firmatario insieme a Calenda del piano per l’Industria 4.0, qui l’intervista a Formiche.net, ndr) vedo molta ambizione ma anche molta concretezza. Perchè quello che occorre oggi è un piano fortemente incentrato sugli investimenti pubblici e privati”. Proprio come quello di Confindustria (qui il documento integrale).

LA RISPOSTA DI VERONA A CALENDA

C’è un altro passaggio nell’intervista al titolare dello Sviluppo che denota un certo feeling con gli industriali. E cioè quando Calenda afferma che nel mettere a punto la strategia 4.0 si sia voluta fornire alle imprese gli strumenti per la crescita, quasi a togliere degli alibi. “Quando abbiamo avviato la prima fase di Industria 4.0 abbiamo detto chiaramente agli imprenditori che avevano finalmente gli strumenti e stava a loro utilizzarli. Oggi possiamo dire che (a Verona, ndr) la risposta c’è stata, le imprese italiane hanno raccolto la sfida”.

CONFINDUSTRIA DOVEVA SCHIERARSI?

Su una cosa però Confindustria ha torto. Sbagliato pensare di non schierarsi nel nome di un neutralità tutta imprenditoriale. L’associazione avrebbe dovuto, è il ragionamento di Calenda, prendere una posizione più netta contro Lega e Cinque Stelle. Una presa di distanza che forse è mancata nella due giorni veronese, almeno ufficialmente. “Siamo però davanti a una situazione resa pericolosa da alcune proposte che arrivano da forze come Lega e M5S. Se penso ad esempio alle idee di Salvini, più dazi, tasse sull’innovazione, cacciare le multinazionali, Alitalia pubblica – osservo che non siamo alla vigilia di elezioni ordinarie, c’è davanti il rischio di una maggioranza populista. Per questo dico che sarebbe opportuno che il mondo produttivo, oltre a formulare giustamente le sue proposte, faccia sentire la sua voce anche sulla valutazione dei programmi altrui senza per forza di cose scegliere una posizione di neutralità”.

I PARTITI (E I SINDACATI) DOPO VERONA

La risposta dei partiti in corsa per la premiership agli appelli di Verona non si sono fatte attendere. A Luigi di Maio, per esempio, la due giorni veneta ha scaldato decisamente poco. Certo, il fair play c’è tutto, ma quella di Di Maio è stata più un’alzata di spalle che altro. L’appello di Confindustria ci trova coscienti della sfida e diciamo che ciascuno di noi ha una responsabilità enorme nei confronti delle future generazioni”. Più allineati, per una volta, i sindacati. Secondo Anna Maria Furlan, leader della Cisl, c’è grande assonanza tra la proposta di Confindustria e le esigenze dei lavoratori. “In una campagna elettorale contraddistinta da promesse irrealizzabili è un bene che Confindustria abbia messo al centro le questioni del lavoro e della crescita. Vedo molte affinità su Europa e Welfare e c’è grande condivisione strategica, perchè si afferma la centralità dell’impresa e dei lavoratori”. Molto più cauto Matteo Salvini, che nel premettere di “ascoltare gli imprenditori” chiarisce come sì, la strategia 4.0 vada allargata e rafforzata ma anche che almeno mezzo jobs act va cancellato. E si sa, le imprese si sono sempre schierate con la riforma renziana.

IL FEELING DEL PD (E QUELLO A META’ DI FORZA ITALIA)

E che dire di Pd e Forza Italia? Se per il leader dem Matteo Renzi l’obiettivo indicato da Boccia (pil a +2% per cinque anni) è pressapoco quello del Pd, per Silvio Berlusconi le priorità indicate a Verona “sono anche le nostre. Noi vogliamo portare la crescita del Paese a un tasso del 3% annuo e ridurre il cuneo fiscale come Confindustria giustamente chiede, con la Flat Tax”. Ma è su Jobs Act e Legge Fornero che scattano le divergenze. Gli industriali hanno chiesto apertamente di non smontare le riforme, ma per Berlusconi non ci sono dubbi. “Jobs act e Fornero sono due leggi sbagliate”.

 

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