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Mosca può condizionare il voto facendo leva su immigrazione e crisi economica. Parla l’esperta Usa

L’Italia “fa bene a temere le fake news di Mosca, realizzate sapientemente su temi divisivi come l’immigrazione per polarizzare l’opinione pubblica e dividerla per fini politici”.

Ad inquadrare il problema della disinformazione online – da tempo sotto i riflettori dell’intelligence anche nella Penisola, ma sempre più seguito anche dalla stampa data l’imminenza della tornata elettorale del 4 marzo – è Laura Galante (nella foto), esperta di cyber security, consulente e senior fellow del think tank Atlantic Council. L’abbiamo incontrata a Roma, in occasione di un seminario promosso dal Centro Studi Americani.

LE CREPE NELLA DEMOCRAZIA

Sono molte, rileva la Galante, le cose che sfuggono anche ai più attenti osservatori quando si parla di fake news e dell’impatto che queste possono avere ad esempio sui cittadini italiani. Ad esempio, spiega, “quando si considera l’effetto che la Russia può avere su delle elezioni, su delle policy o sulle opinioni va sottolineato che la Russia sta sfruttando delle crepe che sono già presenti nelle democrazie, problemi che già abbiamo”.

LE ANALOGIE TRA USA E ITALIA

L’Italia, dice ancora l’esperta conversando con l’agenzia stampa Cyber Affairs, “come gli Usa, sta attraversando un momento molto polarizzante e polemico e, sebbene la Penisola non sia nuova a momenti come questi, il modo in cui questa polarizzazione e queste differenze all’interno dell’elettorato si sono rafforzate e sono giunte a ebollizione è molto facile da sfruttare quando le persone sono arrabbiate e le loro condizioni materiali non sono buone a causa dell’economia che non gira”. Attualmente, sottolinea ancora l’esperta di sicurezza informatica, “ci sono molti possibili parallelismi tra Roma e Washington. Il primo è rappresentato dagli immigrati e dal tema dell’immigrazione. Ovviamente voi siete più esposti, ma il tema è stato sfruttato anche in America”. In particolare, crede la Galante, quello migratorio “è un tema che Mosca è abile ed è interessata a sfruttare perché è estremamente facile da usare. Le persone lo approcciano molto a livello emotivo, e ovviamente le emozioni sono molto più potenti rispetto alla razionalità, e la Russia conta molto su questo. Da 15 anni a questa parte, cioè da quando Vladimir Putin è salito al potere, il governo russo ha mostrato di comprendere quanto sia importante controllare i sentimenti delle persone e controllare il modo in cui le informazioni arrivano alle persone, dentro e fuori la Russia. Quindi poiché il governo russo si concentra su questo livello, su come le informazioni sono fruite, è molto efficaci nello sfruttare questi temi che stanno affliggendo i nostri Paesi”.

RISCHI CRESCENTI

​Per l’esperta di sicurezza informatica, inoltre, “la continua disseminazione di fake news può aver minato in modo estremamente profondo la fiducia dei cittadini nel funzionamento della società italiana e averli resi più cinici rispetto alla possibilità di avere un cambiamento nella politica del Paese”.​ E questo, rimarca, “è un grosso e ulteriore pericolo”.

PROBLEMI DIVERSI, STRATEGIE DIFFERENTI

A ciò, dice ancora l’esperta, va sommato un altro punto importante. “Spesso”, rimarca, “noi siamo soliti parlare di minacce cyber come se appartenessero ad un’unica categoria. Eppure i modi in cui i differenti Paesi e le persone hanno usato il cyber spazio sono molto molto diversi. Conseguentemente, per ogni approccio di ogni singolo Stato è necessario pensare a un modo per difendersi. È come quando dobbiamo gestire diversi tipi di armi, usate in diversi tipi di operazioni”.
Si pensi, ad esempio, “alla Cina. Quello che Pechino ha fatto per almeno dieci anni, su una scala molto vasta, è stato fare attività di spionaggio industriale nel settore Ricerca e Sviluppo e furti di proprietà intellettuale nel settore militare, energetico e manifatturiero”, evidenzia la Galante. “Il danno economico stimato per le compagnie che hanno subito furti di proprietà intellettuale in quegli anni è tale che sarebbe difficile da risarcire, da un punto di vista economico e di competizione industriale. “La Russia invece”, sottolinea, “fa qualcosa di molto diverso, essa punta a mettere in cattiva luce l’Occidente e l’idea stessa di democrazia occidentale. Come si infanga l’occidente per far sembrare la Russia migliore? Molta della psicologia che i russi hanno usato nel cyber space era finalizzata a far fare bella figura alla Russia nei confronti dei russi. Questo è qualcosa che tutti tendono a dimenticare. Molti credono che il solo obiettivo di Putin sia sfidare l’Occidente. Indubbiamente è presente questo elemento, ma il fine ultimo è preservare la propria popolarità in Russia. Spesso quando ci riferiamo ad affari cyber, spesso parliamo di come predisporre le tecnologie necessarie per difenderci da questi attacchi. Tuttavia, l’identificazione delle minacce da cui ci dobbiamo proteggere è importantissima quando trattiamo questo tipo di problemi nel cyber spazio”.

UN APPROCCIO CENTRALIZZATO

Ma come arginare questi pericoli? Problemi come questi – fake news ma anche cyber attacchi e crimine informatico – potrebbero essere mitigati, secondo Laura Galante, adottando un giusto approccio collaborativo tra Paesi alleati.
“Ognuno vuole, egoisticamente forse, un approccio centralizzato su come combattere gli attacchi cyber. Questo approccio non è sbagliato in sé, ma non è tuttavia abbastanza olistico. Questo è quello che accade di solito: una qualche sorta di network si blocca, magari il sistema sanitario nel Regno Unito, la rete elettrica in Ucraina o una compagnia manifatturiera in Italia. A questo punto, di solito, nel resto del mondo, si aspetta che le persone a Londra, a Kiev o a Roma, comincino a condividere dei dati, magari attraverso l’Interpol o la Nato. Il problema è che molti dei modi in cui questi incidenti vengono studiati e poi risolti in modo separato attraverso dei ricercatori di sicurezza indipendenti, o persone di compagnie che si occupano di cyber security. A volte gli stessi governi s’impossessano velocemente dei dati e risolvono la situazione. Questo non è certo un approccio centralizzato. Invece occorrerebbe da un lato migliorare il modo in cui si segnala la presenza di un problema e si condividono le informazioni rilevanti nel modo più rapido possibile con le persone che possono aiutare e poi collaborare tutti assieme alla soluzione del problema. Servono quindi dei meccanismi chiari per far scattare l’allerta, condividere i dati e infine far pervenire delle soluzioni velocemente”.

LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Per farlo, è convinta la Galante, è necessario far sì che “le nostre organizzazioni di intelligence si parlino, magari meglio e più velocemente di quanto già avviene con la tipica relazione tra partner”. Stabilire delle norme, magari attraverso rapporti bilaterali, spiega l’esperta di cyber security ricordando l’accordo siglato dagli Stati Uniti con la Cina per scongiurare il furto di proprietà intellettuale attraverso il cyber spazio, “aiuta, ma è un processo lungo e complesso, che spesso comporta smascherare pubblicamente chi compie questi atti e gestire anche le conseguenze che ciò comporta a livello pratico e diplomatico. Nel frattempo – conclude – quel che possiamo fare è essere più efficienti. Solo così ridurremmo i pericoli e aumenteremo a tutti i livelli la sicurezza del nostro spazio cibernetico”.


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