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Kim invita Moon a Pyongyang, tra diplomazia, simboli e strategia

Il portavoce del Palazzo Blu di Seul ha fatto sapere ai giornalisti internazionali che il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha invitato a Pyongyang il presidente Moon Jae-in. A veicolare l’invito sarebbe stata la delegazione di funzionari che il Nord aveva inviato a presenziare alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali di PyeongChang che si è tenuta venerdì.

Dopo lo show, Moon ha ospitato i delegati di Kim, compreso la sua potente sorella più giovane, Kim Yo Jong (qui il video del suo arrivo), al palazzo presidenziale per un incontro annunciato da giorni. Tra i simboli da notare di questo incontro: Moon si è seduto davanti a lei al pranzo diplomatico (le cui immagini sono state trasmesse in Tv) e non davanti a colui che tecnicamente sarebbe stato il più alto in grado della delegazione nordcoreana, il capo dello stato Kim Yong Nam; la sorella del leader è arrivata al pranzo con in mano una cartellina blu con un sigillo dorato, l’ha tenuta davanti a sé per tutto il tempo fino a porla a Moon, lì probabilmente era contenuta la lettera di invito di Kim.

Un meeting che fino a pochi mesi fa era da considerarsi utopico: si tratta del massimo vertice tra i due Paesi dal 2007, e la presenza di una rappresentate della famiglia regnante del Nord a Seul è un evento che non succedeva dal 1953, quando si è chiusa la guerra tra le due Coree.

L’invito di Kim è una tappa importante sul cammino intracoreano che il dossier potrebbe prendere, dopo che Moon aveva iniziato l’apertura olimpica proponendo la partecipazione congiunta delle due delegazioni sotto la bandiera unica della Corea unita. Moon ha praticamente già risposto all’invito di Pyongyang, sottolineando che però vorrebbe che la sua visita avviasse un percorso negoziale per arrivare a una soluzione sulla crisi prodotto dalla spinta nucleare del Nord.

L’iter interno non fa che sottolineare le distanze tra Washington e Seul, con i primi che vorrebbero strangolare la Corea del Nord con sanzioni economiche durissime come mai visto prima (e considerare che praticamente il regno è stato isolato dalle varie risoluzioni adottate dall’Onu), mentre il Palazzo Blu – dove risiede un presidente che ha promosso il dialogo fin dalla campagna elettorale dello scorso anno – muove le sue carte verso una strada più morbida.

Giocando, per altro, di sponda con Pechino: i cinesi, che hanno avallato la gran parte delle sanzioni onusiane proposte dagli Stati Uniti, hanno da sempre promosso la risoluzione del dossier per vie regionali: è una strategia che tende a escludere gli americani, come via per limitarne l’influenza nel Pacifico; ma è anche una necessità, perché la Cina ha contatti economici e politici con il Nord, e sa che ulteriori sanzioni potrebbero realmente mettere in ginocchio il paese, innescando pericolosi squilibri interni (per esempio processi di immigrazione) che il Dragone, lanciato alla conquista del mondo, in questo momento non vuol gestire.

In un’immagine emblematica della distanza tra Stati Unite e Corea del Sud – che va ricordato: sono alleati strategici – il vicepresidente Mike Pence, presente nel palco autorità per l’inaugurazione delle Olimpiadi, è rimasto seduto mentre entrava la delegazione della Corea sul campo della cerimonia, mentre Moon e la sorella di Kim, distanti pochi metri dal Veep americano, si sono alzati in piedi e hanno applaudito sorridenti la bandiera con la penisola in celeste su sfondo bianco, che in questi giorni sta riempendo le prime pagine di tutti i media del mondo.

Non va sottovalutato che, come sostengono diversi esperti, l’attività diplomatica messa in piedi da Pyongyang possa non essere frutto di un sentimento in buona fede, ma avere un doppio ruolo più subdolo: simbolico, per dimostrare al mondo che il paese non è guidato da un satrapo pazzo, ma da un leader capace anche di dialogare (e questo sarebbe una sorta di legittimazione delle sue ambizioni atomiche); strategico, per dividere Seul da Washington, calcando proprio sui contatti diretti, che sono l’argomento che più tiene distanti i due alleati.

Di fatto, anche se dovessero andare in porto negoziati, la Corea del Nord ha raggiunto una tecnologia nucleare tale da rappresentare una potenza atomica, e dunque l’unica via politica alla crisi a questo punto è l’accettazione di questa sensibile realtà di fatto. Da non sottovalutare, tra i simboli, che sui media del regime nordcoreano la stretta di mano tra Moon e la sorellina di Kim durante l’inaugurazione è ripresa sottolineando che il presidente del Sud era in basso rispetto alla ragazza: in realtà era semplice questione di posizione sugli spalti, ma Pyongyang la vende al pubblico di casa come una subalternità di Seul.

(Foto: Moon Jae-in e Kim Yo-Nang in uno screenshot dalla diretta del loro incontro)


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