Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Pd, M5s, Lega e +Europa, divisi ma non troppo in politica estera

politica

La politica internazionale e l’approccio della politica italiana a riguardo resta, oggi, un terreno molto scivoloso. E se appare chiaro che in ambito di commercio internazionale può esserci una convergenza che riuscirebbe a favorire una collaborazione tra le parti, dall’altra parte, i grandi temi come la Libia e la gestione dei flussi migratori, restano divisivi, spinosi.

Ne hanno parlato nella sala Capranichetta, a piazza Montecitorio, i quattro candidati Alessandro Alfieri del Pd, Manlio Di Stefano del M5s, Giancarlo Giorgetti della Lega nord e Costanza Hermanin di +Europa. Una discussione che è servita per entrare maggiormente nel dettaglio, restituendo una visione d’insieme alla quasi vigilia delle elezioni. Tante sono state le proposte e le idee emerse dalla discussione tra i candidati.

Un incontro organizzato dallo Iai insieme con Ecfr e Ispi. Quest’ultimo ha, inoltre, pubblicato un dossier in cui analizza con meticolosità proprio le sei priorità di politica estera del prossimo governo.

STRATEGIE PER L’EUROPA

L’Europa come base da cui partire per la creazione di una politica estera che riesca ad avere un peso all’interno di un Paese con le capacità dell’Italia, con la storia dell’Italia. E sono proprio le strategie con le quali realizzare un progetto europeo in questo senso, a dare il via al dibattito. Una posizione critica quella del candidato leghista Giorgetti che ha detto: “Non riteniamo che si debba andare verso un’Europa sotto l’influenza tedesca. Il nostro Paese non deve diventare terra di conquista straniera ma tornare protagonista attraverso capacità e competenze. Da soggetti passivi dobbiamo tornare ad essere soggetti attivi”. Manlio Di Stefano dei cinquestelle ribadisce, intanto, la sua posizione: “Bisogna rassicurare i mercati, smettere di elemosinare e puntare a rafforzare l’economia. Far capire che nell’asse (franco-tedesco) ci può essere anche l’Italia”. Pensiero decisamente opposto a quello di Alfieri che sottolinea, invece, la necessità di “ripartire dal sogno di Ventotene per la lotta al terrorismo e alla criminalità” insieme a quella di ricompattare la governance per entrare in un’ Europa a doppia velocità. A sua volta la candidata di +Europa Hermanin propone, invece, quel modello di “Federazione leggera” caro ai Radicali, che prevede un rilancio del sistema federalista europeo e municipale, così da poter permettere al cittadino di poter affermare la propria sovranità a tutti i livelli istituzionali.

LA STABILIZZAZIONE DELLA LIBIA

Anche l’azione in Libia del ministro dell’Interno Marco Minniti ha suscitato sentimenti contrapposti nel tavolo di discussione. Dal “fallimento Minniti” del candidato Di Stefano, che ha individuato tempistiche sbagliate e troppo credito concesso a Serraj, asserendo, invece, che “non c’è stata programmazione, ci voleva più Europa. Una presenza compatta per stabilizzare una situazione che ormai è degenerata”. In sostanza una politica estera incapace di gestire la situazione, avrebbe reso nulla un’ipotetica azione italiana, storicamente legata a quella terra e quindi probabilmente in grado di avere un ruolo significativo. Inoltre, come ricorda Di Stefano, il movimento cinquestelle aveva chiesto la possibilità di istituire una conferenza con la presenza di tutti gli attori coinvolti nella crisi. Cosa che non è mai avvenuta. Dunque confronto non solo con i politici ma anche con i rappresentati delle diverse comunità presenti nella regione. Il più disilluso Giorgetti ha dichiarato che l’Italia, ormai espulsa dal processo in Libia, “ha ancora un interesse strategico e può tornare protagonista solo se ha un ‘ombrello’ che arriva dall’altra parte dell’Atlantico”. Infine, come ha ricordato il rappresentante candidato del Pd Alfieri,“l’Italia è comunque presente sul territorio libico non solo militarmente ma anchee attraverso gli aiuti umanitari che, insieme a uno sforzo di consolidamento e attraverso una via multilaterale possono essere l’unica strada da percorrere”. Insomma lo scetticismo, la mala gestione dei tempi ma, allo stesso tempo, la comune consapevolezza di essere una pedina fondamentale all’interno di uno scacchiere come quello della crisi libica, estremamente complicato e di difficilissima risoluzione.

LA QUESTIONE SIRIANA

Uno dei temi più caldi e che trova opinioni discordanti nel dibattito è quello sulla Siria. “Non sono convinta che Trump faccia qualcosa, ma non si può lasciare nelle mani della Russia una regione così ampia” ha asserito la Hermanin di +Europa. “Ce ne dobbiamo occupare perché, anche se il nostro interesse non è lì, abbiamo una capacità diplomatica in grado di fare qualcosa a riguardo” ha concluso la candidata di Emma Bonino. Ma opinione comune, soprattutto per quanto riguarda Giorgetti e Alfieri, è che vada comunque gestita e ricalibrata la presenza militare italiana dove c’è più necessità, in particolare nel mediterraneo e nell’area africana, in Niger. Senza dimenticare, ed è anche questa opinione più o meno comune, che partire dall’azione umanitaria in una zona che si trova ad affrontare uno dei più grandi drammi dei nostri giorni, è necessario e prioritario in questo momento. Di Stefano ha detto: “L’Italia ormai è fuori dai giochi. L’unica cosa è esercitare la nostra influenza in ambito Nato. Ritornare a dialogare, dunque, per tentare di creare maggiore stabilità”. E ancora: “Noi avevamo detto, e siamo stati molto criticati per questo, che una cosa si doveva e si poteva fare era ritornare a dialogare con il presidente (Bashar al-Assad) che era l’unico in grado, allora, di esercitare il controllo del territorio. Questo avrebbe creato una maggiore stabilità nella zona e forse, anche grazie all’interlocuzione con gli altri membri Nato, avrebbe ridotto la guerra per procura. E oggi forse avremmo avuto comunque instabilità politica ma almeno non avremmo un massacro di civili”.

IL RAPPORTO CON L’ATTORE RUSSIA

Trovandoci oggi di fronte a uno scenario che non è più quello della Guerra Fredda ma che si distanzia anche da quello post, resta necessario definire quella che Nathalie Tocci, direttore dello Iai chiama “una nuova conflittualità cooperativa” tra l’Europa e la Russia. Mentre si trovano quasi tutti d’accordo che questa resti tra i principali partner commerciali del mediterraneo, resta comunque difficile concordare sull’abolizione delle sanzioni a Mosca. Giorgetti, a questo proposito dice: “Credo sia interesse comune che si sviluppi un nuovo rapporto tra Italia e Russia. Solo così si può garantire una maggiore stabilizzazione internazionale”. Di Stefano rilancia con l’opposizione del movimento alle sanzioni e alla necessità di un rapporto più chiaro con l’Europa e con gli Stati Uniti, allentando la pressione sui Balcani. Il Pd con Alfieri, invece, pur sostenendo come la Russia sia “un partner commerciale e un attore tra i principali del mediterraneo”, afferma: “Fermezza e dialogo e nelle sedi Nato dobbiamo adattarci alla politica di Trump ma con il giusto equilibrio”. Posizione decisamente più critica quella della Hermanin che auspica in un “ruolo dell’Osce per attuare un’azione di “stick” con la Russia”. Divisi, dunque, i quattro candidati, anche riguardo alle sanzioni con Alfieri e Hermanin favorevoli e Di Stefano e prevedibilmente Giorgetti contrari.

I FLUSSI MIGRATORI

Sull’annosa questione della migrazione, il candidato cinquestelle Di Stefano ha detto: “Da un punto di vista locale tutti i comuni dovrebbero aderire allo Sprar, così da aiutare nel mutamento della percezione comune e in modo da affrontare con maggiore tranquillità la questione sui diversi piani territoriali. A livello nazionale, invece, lo stato deve tornare protagonista, ripristinare il senso di legalità che eviterebbe la formazione di ghetti”. Un tema caro anche alla Lega nord che, in maniera contrapposta, ha ribadito la necessità una gestione decisamente più dura e ordinata dei migranti che devono essere prima di tutto distinti in rifugiati e migranti economici. Giorgetti la definisce una “retorica del Piano Marshall con una politica estera che deve cercare di negoziare”. La Hermanin, soffermandosi proprio sulla distinzione tra rifugiati e migranti economici afferma che “non ci dobbiamo concentrare solo sul canale dell’asilo ma ci dobbiamo preoccupare del flusso economico. Serve proporzione anche per avviare una negoziazione e soprattutto serve una circolarizzazione della migrazione”. Tutto questo mentre il candidato del Partito Democratico parla dello “spirito dei padri fondatori. Di mettere insieme per affrontare le grandi sfide”. Affermando che, a questo proposito, l’iter legislativo dovrebbe velocizzarsi e che prioritario resterebbe in ogni caso l’aumento dei fondi alla cooperazione allo sviluppo.

IL COMMERCIO INTERNAZIONALE

La latitanza di Donald Trump e la maggiore influenza della Cina sul piano del commercio internazionale, pone in rilievo la domanda su dove si inseriscono l’Europa e l’Italia, su qual è il suo ruolo e i compiti che questa deve portare avanti. A mettere quasi tutti d’accordo c’è la necessità di puntare sulla crescita economica del Paese Italia attraverso il made in Italy e alla nostra capacità di export, così da. Un’Italia che, come ricorda il candidato per il Partito Democratico Alfieri “in ambito di commercio estero è cresciuta del 7% con questo governo e che deve sostenere le piccole e medie imprese”. E mentre la Hermanin afferma di non voler rincorrere le politiche del presidente americano sui dazi, un’idea sempre controcorrente è quella del leghista Giorgetti che invece si dice “favorevole alla libera concorrenza, anche a livello mondiale e ai dazi. Per un’Europa che non sia appiattita sulla Cina”.

TRUMP SI O TRUMP NO

Ed è proprio sul presidente statunitense che si chiude il cerchio di questo confronto sulla politica estera. Quasi tutti si mostrano scettici sulle scelte di The Donald, tranne la Lega nord, da sempre legata da una sua simpatizzante. Da Alfieri che dice “È un rischio che mette a repentaglio il multilateralismo a cui siamo abituati” alla Hermann che lo definisce una “minaccia non solo commerciale ma anche sulla difesa europea”. Di Stefano si mostra più “moderato” definendolo un’opportunità per la geopolitica con cui i rapporti devono essere assolutamente saldi. I dazi, però, restano un problema. Giorgetti conclude asserendo che si tratti di “una grande opportunità che può favorire il rapporto tra Usa e l’Italia”.

Insomma, un calderone di temi fondamentali nell’assetto geopolitico odierno che hanno trovato una strada di dialogo tra le varie forze in campo e che, pur con difficoltà e divergenze, aiutano a definire quella che sarà la linea di un eventuale governo futuro.

La politica estera, dunque, come uno dei punti cruciali di questa tornata elettorale ed è necessario discuterne, ampliando il nostro raggio di interesse. E, come ha detto Nathalie Tocci, in apertura dell’incontro: “Noi siamo fermamente convinti che le dinamiche esterne siano parte integrante della vita quotidiana di tutti noi. E che non esistano soluzioni ai problemi di tutti i giorni, che siano immigrazione, occupazioni, cambiamento climatico, terrorismo, in cui si può trovare una soluzione semplicemente attraverso politiche interne. Non esiste più una linea che separa chiaramente l’interno dall’esterno”.

×

Iscriviti alla newsletter