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Politica estera, ecco la ricetta a cinque stelle di Luigi Di Maio

Continuità e rottura: queste le direttive che guideranno la politica estera del Movimento 5 Stelle, presentata mercoledì alla Link Campus dal candidato alla presidenza del Consiglio Luigi Di Maio. Più la prima che la seconda, a dire il vero. Può sorprendere, per un movimento politico che ha fatto della rottura con il passato la propria forza. Accolto dal presidente della Link Vincenzo Scotti, Di Maio si è concesso a una platea di studenti, giornalisti italiani e stranieri, esponenti delle ambasciate estere e del corpo consolare, rassicurando una volta per tutte chi teme una rivoluzione diplomatica con i Cinque Stelle alla guida del Paese. Tre le linee da seguire all’estero secondo il leader pentastellato: rispetto del diritto internazionale, non ingerenza, cooperazione internazionale allo sviluppo.

UNIONE EUROPEA

Continuità, si diceva. Soprattutto sull’Unione Europea, che non è neanche oggetto di politica estera, ha chiarito Di Maio, “perché è la casa del nostro Paese e del Movimento 5 Stelle”. Sembra lontana la nube di un referendum consultivo per uscire dall’unione, su cui pure Di Maio si era mostrato possibilista poche settimane fa negli studi di Lucia Annunziata. È l’orizzonte, ha spiegato il leader dei 5 Stelle citando Konrad Adenauer, che va cambiato. Di Maio rimprovera “un rapporto troppo provinciale” del governo italiano nei confronti dell’Ue, e al tempo stesso una politica estera troppo poco “votata al rispetto degli altri Stati membri”. L’Europa va riformata, ha chiarito, soprattutto nell’istituzione democratica per eccellenza, il Parlamento, “l’organo che ha meno poteri, cui vorrei dare più potere sulla lotta alla povertà e la pressione fiscale”. A chi gli ha chiesto se un più stretto asse Italia-Francia può fare da volano per le riforme europee, Di Maio ha risposto: “L’idea non mi appassiona, quando parliamo di riforma della governance dobbiamo uscire dalla logica degli assi e del direttorio”.

RUSSIA O STATI UNITI?

La linea del Movimento resta filo-atlantista. Parola di Di Maio, che garantisce continuità nell’impegno per la Nato. E però al tempo stesso non perde occasione per rimbrottare il presidente americano Donald Trump. Innanzitutto per la sua richiesta di versare più soldi nelle casse Nato: “Abbiamo perplessità sul finanziamento fino al 2% del Pil, noi italiani in Iraq e Afghanistan abbiamo dato moltissimo, questo deve rientrare nei calcoli”. Di Maio è critico anche sulla gestione del Tycoon della crisi con la Corea del Nord: “L’escalation di dichiarazioni su chi abbia il bottone più grande per sganciare la bomba nucleare non aiuta”. Quanto alla Russia, il candidato premier rivendica “di avere ottime relazioni con la Russia e gli altri Paesi”, ma mette in guardia da chi accusa i pentastellati di simpatie poco chiare con il Cremlino. “Siamo quelli che hanno meno relazioni di tutti con la Russia” ha aggiunto, ricordando “che qui c’è stato un presidente del Consiglio con relazioni anche di business economico, lecito, con la Russia”.

L’ITALIA NON È UN CAMPO PROFUGHI

Il leader del movimento non ha risparmiato una stoccata all’Ue sulla gestione della crisi migratoria, invitando Bruxelles, “fin quando la crisi libica non sarà risolta”, a non considerare l’Italia “un campo profughi”. È la Libia, aggiunge Di Maio, la chiave per fermare i flussi. La proposta del Movimento è quella di convocare a Roma, una volta a Palazzo Chigi, una conferenza internazionale con tutti gli attori interessati. Qui “l’Italia sarà protagonista”, e non più “alla mercé dei Paesi confinanti che in quei territori cercano di mettere delle bandierine”. Il riferimento non troppo velato è probabilmente diretto alla Francia, e ai blitz estivi di Emmanuel Macron ora con Khalifa Haftar, ora con al-Sarraj.

VIA DALL’AFGHANISTAN E DAL NIGER

Con i 5 Stelle al governo, “pensiamo che il contingente italiano non debba più restare in Afghanistan”, ha dichiarato Di Maio, aggiungendo che la missione a Kabul “sta esponendo i nostri soldati a inutili rischi”. Un annuncio che non farà fare i salti di gioia a Washington, che, se ha preannunciato un disimpegno in Iraq, non ha alcuna intenzione di mollare la presa sull’Afghanistan. Da rivedere, secondo il leader a Cinque Stelle, anche e soprattutto la nuova missione italiana in Niger. Approvata in “una fase debole del nostro governo”, quando invece richiedeva “un’ampia legittimazione”. “La Francia è lì da tempo e la nostra ci sembra una missione di supporto ai francesi” ha attaccato Di Maio, promettendo di voler “rivedere i termini e le regole di ingaggio della missione”.

MEDIO ORIENTE E TERRORISMO

Pochi e lapidari i riferimenti al caos mediorientale, più constatazioni che piani d’azione. L’impegno più generale è quello di fermare “le partenze dall’Italia di armamenti che forniscono materiale per quei conflitti”. Di Maio si è però soffermato sulla questione israelo-palestinese: la linea per i pentastellati, anche qui in contrasto con Trump, resta quella di “due popoli e due Stati”, da attuare sotto l’egida dell’Onu. Il candidato a Palazzo Chigi ha difeso “il diritto all’esistenza della Palestina, il diritto alla sicurezza di Israele” e definito Hamas “una seria minaccia”. Nessun riferimento invece al terrorismo internazionale. Per questo Formiche.net ha chiesto a margine dell’incontro un chiarimento ad Angelo Tofalo, deputato pentastellato, membro del Copasir. “L’Italia ha il compito di rafforzare l’Europa con un’opera di armonizzazione delle normative giuridiche” ha dichiarato Tofalo. “A Bruxelles bisogna fare la quadra”, ha aggiunto, “e porre nuove regole che agevolino lo scambio di informazioni tra le agenzie di intelligence europee”.

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