Il National Security Advisor della Casa Bianca, H.R. McMaster, abbraccia la linea dura nei confronti delle interferenze russe nelle scorse presidenziali e, intervenendo dalla Munich Security Conference in corso in queste ore, rilancia la tesi accusatoria su cui lavora il procuratore speciale Robert Mueller, che ha portato all’incriminazione di tredici cittadini russi e tre entità afferibili a Mosca.
Le dichiarazioni di McMaster provocano una fortissima onda d’urto che arriva a scuotere lo Studio Ovale per la grande rilevanza istituzionale e politica di cui sono connotate, segnando così la prima brusca inversione da parte di un alto funzionario dell’amministrazione rispetto alla linea sinora tenuta da Donald Trump, che ha considerato una bufala le accuse rivolte nei suoi confronti sin dall’inizio delle indagini sul Russiagate.
Il National Security Advisor non ha esitato ad affermare che le ingerenze del Cremlino nelle elezioni scorse siano confermate “oltre ogni ragionevole dubbio” e che “con le incriminazioni dell’Fbi, le prove sono ora incontrovertibili”.
Il suo breve intervento da Monaco apre una possibile voragine all’interno della leadership americana e prefigura probabili reazioni ostinate anche dalla controparte russa. Il consigliere per la sicurezza nazionale americano, infatti, ha rilasciato le sue dichiarazioni sul Russiagate in presenza del ministro degli Affari esteri russo, Sergey Lavrov, che aveva minimizzato le accuse di interferenza come semplice “chiacchiericcio”.
Con McMaster si conferma, dunque, la linea dura seguita dall’intera comunità intelligence Usa, già espressa con forza dal direttore della Cia, Mike Pompeo, che nel corso degli ultimi giorni a più riprese ha fatto sapere che secondo le agenzie di spionaggio americane non vi sia alcun dubbio sui tentativi da parte del Cremlino di interferire nelle presidenziali e condizionare i processi democratici americani.
Rispetto alle posizioni ormai chiaramente delineate che uniscono un blocco significativo della leadership statunitense, anche Repubblicana, sarà interessante guardare alle prossime mosse di Donald Trump, sempre più condizionato dal volume di informazioni raccolte sul Russiagate, per quanto cerchi di buttare la palla nel campo dei Democratici.
H.R. McMaster, da parte sua, conferma il carattere intransigente e poco incline al compromesso che sino ad oggi ha caratterizzato il suo incarico. A Washington sono in tanti a pensare che il generale tre stelle dello US Army sia stato scelto proprio per questo motivo dal presidente: per la sua capacità di evitare condizionamenti da parte dei superiori gerarchici. Una scelta che per Trump potrebbe rivelarsi lungimirante. Oppure un boomerang.