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Il rebus Alitalia, l’opera di Gubitosi, l’ipotesi Cdp e il ruolo di Salvini-Di Maio

Dallo stallo politico a quello industriale, il passo è breve. Soprattutto se si parla di Alitalia, l’ex compagnia di bandiera messa sul mercato all’inizio dello scorso anno dal governo e la cui cessione è stata presa in carico dai tre commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, che nel frattempo ne hanno parzialmente risanato le finanze.

Il fatto è che la compagnia quasi certamente non verrà venduta entro il termine stabilito del 30 aprile. E il motivo è presto spiegato, al momento non c’è nessun acquirente realmente interessato alla compagnia. Le avances di Lufthansa o della cordata Air France-easyJet-Cerberus e Delta non si sono tradotte in vera proposta industriale. Tutto questo ammesso e non concesso che la compagnia alla fine venga ceduta.

Questione di volontà politica innanzitutto, visto che il nuovo governo, se davvero avverrà l’intesa Lega-Cinque Stelle potrebbe tranquillamente decidere di bloccare il tutto e tenersi stretto il vettore. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non è un mistero, sono sempre stati contrari alla cessione. Ma per capire qualcosa su Alitalia, bisogna andare con ordine, partendo da un punto fermo. Alitalia, pur con l’opera di risanamento messa in opera da Gubitosi, non potrà competere da sola a livello globale, avrà sempre e comunque bisogno di un partner industriale forte.

Pochi giorni fa, a margine del Forum Confcommercio, Gubitosi ha mantenuto il tradizionale equilibrio nel fornire risposte a chi gli chiedeva lumi sul futuro della compagnia. Dando essenzialmente due messaggi. Primo, assenza o meno di acquirenti, la deadline rimane quella di fine aprile. Secondo, sulla cessione deciderà il governo in carica al momento dell’offerta o meno per la compagnia. Esecutivo che potrebbe avere come capo Di Maio, o Salvini.  “Scelte di questo tipo non vengono fatte dai commissari in autonomia, ma vengono determinate dalla volontà del governo in carica, qualunque esso sia al momento della presa di decisione”.

Per il momento, insomma, l’unica certezza rimane la lenta risaltita di Alitalia, innescata da Gubitosi, Laghi e Paleari, che ancora non hanno intaccato il prestito di 900 milioni concesso dallo Stato per garantire la liquidità di cassa. “Sono convinto che per Alitalia quella del 2018 sarà una buona stagione  con le prenotazioni che sono buone. Quindi cresciamo nonostante non ci sia un aumento di capacità”, ha rimartcato l’ex dg Rai. Ma quali sono a questo punto gli scenari? Essenzialmente due.

Premesso che con ogni probabilità, secondo alcune indiscrezioni di stampa, la cessione slitterà a dopo l’estate (il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, si sarebbe confrontato con Di Maio e Salvini concordando uno slittamento per il quale servirà un decreto approvato dal Cdm incaricato dell’ordinaria amministrazione), ci sono una serie di variabili. I potenziali acquirenti, che da qui a settembre potrebbero decidere di strutturare una proposta e il governo, ad oggi ancora in alto mare. La terza variabile si chiama Cassa Depositi e Prestiti. In occasione della presentazione del piano industriale, il presidente Claudio Costamagna ha fatto intendere di essere disponibile a un ingresso in Alitalia, ma solo come socio di minoranza e alla presenza di un altro partnere solido, cui andrebbe inevitabilmente la maggioranza e fornito di un piano di rilancio credibile.

L’ipotesi Cdp potrebbe aprire la strada a quella soluzione italiana al problema Alitalia, che aspira a una ri-nazionalizzazione della compagnia, ma anche qui le incognite non mancano. Il mandato di Costamagna e l’ad Fabio Gallia, per esempio, scade a giugno e non è detto che il nuovo vertice, qualora non venisse riconfermato quello odierno, la pensi allo stesso modo. In quello che appare a tutti gli effetti un rebus, ci ha pensato questa mattina lo stesso Calenda a fare un po’ di chiarezza, lanciando da Twitter anche un messaggio politico all’esecutivo che verrà.

“Trovo grave che favole su nazionalizzazioni impraticabili si diffondano dopo le elezioni sia su Ilva e Alitalia, rendendo difficile accordo sindacale e vendita. Attenzione a illudere lavoratori e a creare premesse per disastri. Lo dico anche a beneficio di qualche sindacalista”. E poi, sempre su Twitter in risposta a Oscar Giannino, un altolà alla possibile soluzione italiana. Su Alitalia “non si rinuncia a nulla: sono i potenziali acquirenti ad aver rallentato per situazione politica come spiegato più volte pubblicamente. Il prestito statale è sostanzialmente intatto e i commissari hanno ben gestito, non so di nessuna soluzione italiana’”.

Giannino, riferendosi all’ipotesi di un rinvio di una decisione su Alitalia, aveva a sua volta twittato: “Dopo aver trattato a vuoto con Lufthansa, aver riaperto ad Air France-Cerberus, si scopre che vogliono prestanome italiani con mano pubblica nel capitale. L’opposto di quel che si diceva in pubblico. Che pagliacciata”.

 



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