Skip to main content

La scacchiera di Pechino che gioca d’anticipo su Corea e Russia

Il leader nordcoreano Kim Jong-un è probabilmente a Pechino. La visita, per quanto noto, sarebbe dovuta rimanere segreta, e forse le notizie sarebbero dovute uscire non prima di quando il leader del regime del Nord avesse lasciato la Cina. Però la giapponese Kyodo News ha dato la notizia ed è stata ripresa da altri media internazionali, rincarata di qualche dettaglio o indiscrezione.

Non è chiaro se sia veramente Kim quello arrivato in Cina tramite un treno (verde, con striscia gialla, del tutto identico a quello usato per recarsi a incontri precedenti da parte del vecchio leader nordcoreano Kim Jong-il), ma circolano delle immagini di una lunga motorcade scortata dalla polizia. E i media segnalano agitazioni tra gli addetti alla sicurezza sia nell’area dell’ambasciata della Corea del Nord a Pechino, sia nei pressi della Diaoyutai State Guesthouse, “il luogo dove risiedono i dignitari in visita di Stato in Cina e dove anche il precedente leader nordcoreano ha alloggiato” spiega l’esperta del Foglio Giulia Pompili.

Dunque i presupposti, le prove circostanziali, parlano di un incontro di alto livello tra Nord Corea e Cina – dove, si diceva, potrebbe essere coinvolto Kim direttamente, cosa che potrebbe richiedere la partecipazione parallela del presidente cinese Xi Jinping, oppure altri papaveri del regime (per esempio la sorella Kim Yo-jong, già vista in consessi diplomatici in occasione delle Olimpiadi invernali).

La visita non era ufficialmente programmata. È stata una mossa a sorpresa, forse una necessità sentita da Pechino per anticipare gli avversari, nel caso gli americani. Il vertice cinese anticipa infatti due (forse tre) meeting importantissimi a cui Kim parteciperà secondo agenda. Ad aprile c’è un incontro intra-coreano intavolato nell’ambito del dialogo fortemente voluto da Seul con i cugini del Nord: il satrapo nordcoreano vedrà il presidente del Sud, Moon Jae-in. Poi a maggio – data da definire, ma appuntamento dato certo, soprattutto per il peso d’immagine, salvo cambiamenti di linea dovuti al nuovo corso tra i consiglieri della Casa Bianca – toccherà al presidente americano Donald Trump vedere il “little rocket man“, nomignolo affibbiato dal Prez al nordcoreano in tempi in cui l’incontro personale era molto improbabile e un’azione militare statunitense era presa in considerazione come un’opzione di peso sul tavolo. Terzo appuntamento: un possibile incontro di altrettanto alto livello tra Pyongyang e Tokyo.

La Cina s’è trovata davanti questo scenario diplomatico a firma occidentale, e forse ha voluto anticipare le mosse. Pechino ha un rapporto difficile con Pyongyang: è noto che Xi mal tollera le scompostezze del Nord, i lanci di missili provocatori attraverso l’isola giapponese, le minacce. La Cina s’è messa su una linea severa, ha perfino avallato alcune sanzioni onusiane che puniscono l’economia nordcoreana, che è strettamente dipendente dal commercio cinese, e sembra considerare il Nord un satellite sempre più scomodo.

Però è pur sempre un satellite, che Pechino vuole controllare e gestire prima che ci arrivino gli altri; farselo soffiare sarebbe anche un segno di debolezza per Pechino. In questo rapporto Kim è in una posizione di minimo vantaggio, perché ha già intavolato quei meeting, ma i cinesi possono sempre sollevare le leve economiche e le influenze storiche. L’incontro cinese del regime nordcoreano, allora, diventa una riaffermazione di controllo e potenza da parte della Cina, che vuole comandare in modo monopolistico gli affari del Pacifico, e non può farsi sfuggire il dossier nordcoreano – che da regionale è diventato globale.

In questa competizione evidente con l’Occidente – Trump ha provato ad affrontare la vicenda nordcoreana in modo congiunto, ma poi ha ceduto a una più ampia linea forte, quella per esempio delle tariffe sanzionatorie contro la Cina programmate in questi giorni – Pechino cerca di giocare d’anticipo in un’altra questione: la Russia.

Il giorno dopo dell’annuncio delle più severe azioni pensante dal sistema-Occidente contro Mosca – le espulsioni di diverse dozzine di pseudo-diplomatici collegati ai servizi come conseguenza del caso Skripal e del grande lavoro diplomatico fatto di forza dal Regno Unito – Mosca ha annunciato incontri di alto livello. Il presidente Xi ospiterà l’omologo russo Vladimir Putin in un meeting ad altissimo potenziale geopolitico programmato per giugno, a Qingdao; il neo-rieletto Putin incontrerà per la prima volta i vertici del governo cinese del neo-rieletto, a vita, Xi: il peso futuribile è evidente, vista la presa sul potere dei due.

Gli incontri (altro messaggio) avverranno a margine del vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO), il gruppo formato da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, India e Pakistan, che è stato paragonato ad una Nato orientale, ed è stato progettato in parte per controbilanciare l’influenza occidentale in Asia e nel Medio Oriente – i cinesi hanno particolare interesse a mantenere ottime certe relazioni anche perché sono aeree interessate dal grande progetto geopolitico OBOR.

Pechino negli ultimi anni ha rafforzato il suo sostegno economico a Mosca, ed entrambi i paesi si sono a lungo sostenuti a vicenda presso le Nazioni Unite su questioni come la Corea del Nord e la Siria, dove sono in opposizione o disaccordo con gli Stati Uniti, e hanno usato sempre un apparente coordinamento anche nei casi in cui hanno votato le sanzioni contro Pyongyang; per esempio, sul quadrante coreano entrambi mantengono una linea chiara: vogliono che gli Stati Uniti sospendano le esercitazioni congiunte con la Corea del Sud, attività che disturbano Pyongyang, ma soprattutto che sono viste come una dimostrazione armata con cui Washington segna la propria presenza nel Pacifico.

E dunque, il passaggio a Pechino della delegazione nordcoreana, e l’annuncio del vertice con i russi, diventano espressioni di un mondo in cui la Cina va in competizione con gli Stati Uniti: dal “g-zero al g-2bis” ironizza privatamente una fonte diplomatica, intendendo che nella realtà l’idea filosofica (quella di “Every Nation for itself” di Ian Bremmer) di un mondo dove non ci sono grandi potenze si sta sostituendo con quello bipolare del confronto tra Russia e Stati Uniti.


×

Iscriviti alla newsletter