La protezione dei dati personali “è fondamentale per garantire l’equità delle elezioni, in particolare mentre ci avviciniamo alle elezioni del Parlamento europeo del 2019”: il voto dell’anno prossimo è, senza allarmismi, un “importante test” perché il problema della manipolazione “è reale e urgente”.
Dopo lo scoppio del caso Cambridge Analytica, che ha gettato un’ombra sulla possibilità che le scorse presidenziali americane possano essere state influenzate da attività condotte ottenendo in modo illecito i dati di oltre 50 milioni di utenti Facebook, oggi è stato il garante europeo della Privacy, Giovanni Buttarelli, presentando il rapporto annuale dell’autorità comunitaria, ad allarmare circa i rischi che potrebbero riguardare la prossima tornata elettorale comunitaria.
DIRITTI A RISCHIO
Per Buttarelli, “il principio della trasparenza elettorale non è soddisfatto se gli elettori non hanno la libertà di cercare, ricevere e comunicare informazioni sul processo e sui candidati” e “questi diritti sono messi in discussione dalla manipolazione online”.
L’INIZIATIVA DELLE ISTITUZIONI UE
Buttarelli ha poi sottolineato che l’Europarlamento è consapevole dei pericoli posti da queste minacce e che è “impegnato ad andare più in profondità” alla vicenda, anche con una commissione speciale a cui “offriamo il nostro sostegno”.
Il riferimento è alle parole del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha annunciato che i deputati condurranno un’inchiesta sulla “violazione inaccettabile dei diritti alla privacy dei dati”. E su Twitter ha scritto: “Abbiamo invitato Mark Zuckerberg (fondatore e ceo di Facebook, ndr) al Parlamento europeo. Facebook deve chiarire davanti ai rappresentanti di 500 milioni di europei che i dati personali non vengono utilizzati per manipolare la democrazia”. E anche la Commissione europea ha fatto sapere che chiederà spiegazioni al colosso di Menlo Park.
ITALIA NON IMMUNE
Il Garante Privacy Ue, rispondendo ai quesiti dei giornalisti, ha poi specificato di non avere elementi “per dire come questi dati siano usati nella pratica” nel caso delle recenti elezioni italiane dello scorso 4 marzo. Però, ha rilevato, “il modo in cui funziona il sistema” di raccolta dei dati attraverso app, like, pagine fan e altri strumenti legati ai social network “è globale e non c’è frammentazione. In tutti i Paesi l’uso massiccio dei dati e la mancanza di trasparenza” rappresentano un rischio e “non c’è un approccio nazionale”.