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A Gaza la marcia dei palestinesi è già macchiata di sangue

Gaza

Si sta rapidamente bagnando di sangue la “Grande Marcia del Ritorno”, la protesta dei palestinesi di Gaza lungo il confine israeliano iniziata stamattina e a cui seguirà uno stato di mobilitazione prolungato di sei settimane. Sono infatti già sei i morti tra i manifestanti, di cui due confermati da fonti ufficiali.

I palestinesi hanno eretto cinque accampamenti lungo il confine, da Beit Hanoun nel nord sino a Rafah nel sud, vicino al confine con l’Egitto. La scelta del giorno per far partire la protesta non è causale. Il 30 Marzo segna infatti il “Land Day”, durante il quale si ricorda l’uccisione di 6 dimostranti ad opera delle forze israeliane in occasione delle manifestazione contro la confisca delle terre nel 1976. La protesta dovrebbe terminare il 15 Maggio, giorno che per i palestinesi rappresenta la “Nakba” (catastrofe), con riferimento alla sconfitta subita ad opera degli israeliani nella guerra del 1948 e all’inizio del dramma dei rifugiati. Da allora, i palestinesi hanno continuato a reclamare il loro diritto a fare ritorno nelle terre oggi sotto controllo israeliano.

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) parlano di circa 17mila palestinesi assemblati in sei diversi luoghi al confine. Sempre le fonti israeliane riferiscono che i manifestanti stanno “bruciando gomme, lanciando sassi alla barriera di sicurezza e verso le truppe israeliane che rispondono con mezzi di dispersione e sparando verso i principali istigatori”.

Le autorità sanitarie palestinesi hanno riferito di un manifestante ucciso dal fuoco di un carro armato israeliano nei pressi di Jabaliya, quattro Km a nord dalla città di Gaza. Poco prima, era stata diffusa la notizia della morte di un agricoltore di 27 anni nella zona di Khan Yunis, nella zona meridionale della Striscia. I media palestinesi parlano di altre due morti, che tuttavia non hanno ancora trovato riscontri ufficiali. La Mezza Luna Rossa Palestinese riporta più di 50 feriti dal fuoco dell’esercito di Tel Aviv, che ha fatto anche intenso uso di lacrimogeni.

Hamas ha subito accusato Israele di tentare di intimidire i Palestinesi per dissuaderli dal partecipare alla protesta. Haniyeh, il leader politico della Striscia, ha dichiarato “non concederemo un singolo centimetro di terra palestinese”. L’esercito israeliano, da parte sua, ha approntato una no-go zone lungo tutto il confine della Striscia e ha raddoppiato il numero di truppe in occasione della protesta, avvertendo che risponderà “con grande severità ogni tentativo di far breccia nella sovranità israeliana o di danneggiare la barriera difensiva”.

Il timore, dalle parti di Tel Aviv, è che la protesta possa degenerare in un tentativo di oltrepassare il confine da parte della popolazione di Gaza, che da mesi vive una gravissima crisi finanziara e umanitaria, provocata dall’effetto congiunto dell’embargo israeliano e della politica scellerata dell’Autorità Nazionale Palestinese. Il ministero degli Esteri israeliano ha rilasciato un comunicato in cui la protesta è descritta come un “tentativo deliberato di provocare uno scontro con Israele” e si afferma che “la responsabilità degli scontri è solamente di Hamas e delle altre organizzazioni palestinesi partecipanti”. Il ministro della Difesa israeliano, Avidgor Lieberman, si è rivolto direttamente ai palestinesi con un tweet scritto in arabo, dove avverte di non prendere parte alla manifestazione e accusa Hamas di giocare con le vite delle persone.

Il pericolo ora è quello di un’escalation di violenze, che avrebbe conseguenze devastanti, prima di tutto per la popolazione civile della Striscia.

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