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Il caso Skripal e la reazione della Farnesina, ecco perché non avevamo scelta. Parla Carlo Jean

L’Europa passa dalle parole ai fatti. A seguito delle conclusioni del Consiglio Europeo del 22-23 marzo alcuni degli Stati membri dell’Ue hanno dato il via alle espulsioni di diplomatici russi in risposta all’uccisione dell’ex spia Sergei Skripal a Salisbury con del gas nervino. Fra questi c’è anche l’Italia, che attraverso la Farnesina ha annunciato l’imminente espulsione di due funzionari dell’ambasciata russa. L’ondata di ritorsioni diplomatiche è stata coordinata in perfetta sincronia con l’altra sponda dell’Atlantico: nelle stesse ore gli Stati Uniti hanno infatti dichiarato che espelleranno 60 diplomatici russi e chiuderanno il Consolato di Seattle. È stata una mossa strategica previdente in un momento di delicata transizione in politica interna? “L’unica scelta possibile” chiosa Carlo Jean, generale di corpo d’armata, presidente del Centro Studi di Geopolitica Economica, era “stare dalla parte dell’Occidente”.

Generale Jean, l’Italia si accoda all’ondata di espulsioni di diplomatici russi per il caso Skripal. Una decisione saggia?

Non potevamo fare altrimenti. A seguito del risultato delle elezioni italiane, con la vittoria dei partiti euroscettici, Francia e Germania stanno riattivando il cosiddetto “triangolo di Weimar”, cioè l’alleanza con fra Parigi, Berlino e Varsavia che esclude l’Italia dai grandi giochi europei, non possiamo accettarlo. Abbiamo bisogno degli Stati Uniti e dei nostri partner nel Mediterraneo.

É una decisione che può prendere un governo dimissionario tenuto all’ordinaria amministrazione?

A mio avviso questa è ordinaria amminstrazione, la risposta italiana è allineata agli Stati membri dell’Ue. Noi abbiamo espulso due diplomatici, Francia, Germania e Polonia ben quattro. La Farnesina e la presidenza del Consiglio dei Ministri non potevano non tener conto delle alleanze storiche dell’Italia, che rimangono il nostro unico ombrello.

La maggioranza degli elettori ha votato partiti che hanno preso posizione contro la politica delle sanzioni a Mosca. L’annuncio della Farnesina non rischia di mettere in difficoltà il prossimo governo?

A mio avviso il futuro governo dovrà tener conto della maggiore importanza di Stati Uniti e Regno Unito per l’Italia rispetto alla Russia. Dovevamo seguire gli alleati. Ma soprattutto dimostrare solidarietà al Regno Unito, in ossequio a due alleanze che hanno permesso negli anni la crescita e modernizzazione del nostro Paese, cioè l’Unione Europea e la Nato. Se ci fosse stato un “caso Skripal” in Italia avremmo desiderato una reazione simile degli Stati membri dell’Ue.

Però ancora non sono state fornite prove di un coinvolgimento diretto di Mosca.

Indubbiamente non ci sono prove che sia responsabile il Cremlino o un’organizzazione statale di Mosca, ancora si deve trovare chi ha inserito il gas nervino nella valigia della figlia di Skripal. Tuttavia è assai probabile che l’omicidio dell’ex spia sia avvenuto per mano di qualche ex membro dei servizi segreti russi. In questo modo è stato violato un tacito accordo che è sempre stato valido per gli scambi di spie, secondo cui la spia che viene riconsegnata non deve più essere perseguita e uccisa. Probabilmente Skripal si fidava di questa prassi e non era sorvegliato a sufficienza.

Cosa le fa pensare che Mosca sia responsabile dell’omicidio Skripal?

Il governo russo ha avuto una reazione piuttosto insolita, commentando addirittura con ironia quel che è capitato. Inoltre un gas nervino come il Novichok non si trova nei supermercati, viene prodotto in fabbriche altamente specializzate, esattamente come il polonio usato con Litvinenko nel 2006. Sicuramente Mosca è responsabile dell’assenza di controllo sul commercio di questi agenti nervini, che possono finire nelle mani di delinquenti o corpi di guardia. Ripeto, non ci sono prove di un coinvolgimento diretto del Cremlino, ma è plausibile che sia stato uno dei trecento agenti la cui copertura è saltata a causa dell’ex colonnello del Gru.

La vicenda Skripal impone una domanda. L’Itaila ha una politica estera autonoma da Washington e Bruxelles?

Nessun Paese può avere una politica estera del tutto autonoma. L’autonomia dipende dalla potenza di cui si dispone, ma anche dal sistema politico interno. Uno Stato come la Francia, in cui vige un sistema presidenziale, può agire con più efficacia e prontezza in politica estera rispetto a una Repubblica parlamentare come l’Italia.

Si aspettava dagli Stati Uniti di Donald Trump una reazione così dura?

Assolutamente si. Da quando si è insediato il presidente Trump i rapporti diplomatici con la Russia hanno seguito una linea di continuità. Anzi, in talune occasioni ci sono state frizioni più pesanti rispetto all’amministrazione precedente. La politica delle sanzioni contro Mosca crea un solo problema a Washington: avvicina la Russia alla Cina. Un’ipotesi che il Cremlino vorrebbe evitare fino all’ultimo, pur di diventare junior partner del governo di Pechino, che negli ultimi anni è riuscito a estendere la sua influenza in Asia centrale e nelle province marittime.

Quali ripercussioni ci possono essere sul conflitto nel Donbass?

In Ucraina c’è una situazione di stallo. La Russia ha allentato la presa perché non ha fondi a sufficienza per gestire la guerra in Siria, il conflitto in Ucraina, inviare forze speciali a sostegno dei libici di Haftar. Putin però può sfruttare un momento di particolare debolezza dell’Unione Europea dovuta all’instabilità politica della Germania.


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