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La pressione europea sulla Russia non diminuisce. Ecco perché le sanzioni sono state rinnovate (ancora)

Il Consiglio dell’Unione Europea ha prorogato di altri sei mesi, fino al 15 settembre, le restrizioni relative ad “azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”.

Le misure consistono nel congelamento dei beni e in restrizioni di viaggio e continuano ad applicarsi a 150 persone e 38 entità russe. Secondo l’Ue — nonostante i circoli diplomatici affrontino con misurato ottimismo il dossier, indicando che gli sforzi di buona volontà per risolvere la crisi stanno indirizzando la questione su una buona strada — da una valutazione generale della situazione non è risultato possibile modificare il regime delle sanzioni; non sarebbe “giustificato” si scrive nella nota stampa che ha accompagnato la decisione. Ossia, Mosca sul campo non sta aumentando il coinvolgimento, le pressioni sui separatisti, per segnare progressi (le violazioni del cessate il fuoco, presupposto degli accordi di Minsk, da parte dei ribelli sono quasi quotidiane, tanto che gli Stati Uniti hanno approvato la vendita di armi letali a Kiev, col fine di creare deterrenza nei confronti dei filorussi).

Il prolungamento delle sanzioni da parte di Bruxelles segna un ulteriore segnale di sostegno a Kiev, anticipato da una dichiarazione dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Federica Mogherini, che in un intervista di due giorni fa all’agenzia stampa ucraina Unian aveva detto che l’Accordo di associazione e stabilizzazione tra Ucraina e Unione europea è stato un grande successo. Mogherini, che sarà in visita ufficiale in Ucraina tra oggi e domani, aveva precisato: “Insieme abbiamo raggiunto risultati importanti, anche attraverso l’area di libero commercio, in circostanze difficili”. La ministra degli Esteri europea evidenziava che lo scorso anno “le esportazioni dall’Ucraina verso l’Ue sono cresciute di quasi un terzo: questo è stato il principale volano della crescita economica nel Paese, e l’accordo deve ancora dispiegare il suo pieno potenziale”.

Intanto, il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha dichiarato che l’Ucraina non riconoscerà i risultati delle elezioni presidenziali russe che si terranno sul territorio della Crimea, e imporrà anche sanzioni contro le persone coinvolte nell’organizzazione del voto: “Nel contesto delle elezioni presidenziali russe che si terranno questa domenica (18 marzo, ndr), ho spiegato (a Mogherini, ndr) chiaramente che l’Ucraina non riconoscerà il falso voto che si terrà nei territori temporaneamente occupati”, ha detto il capo dello stato ucraino rivolgendosi alla rappresentante europea.

Mogherini si è fatta anche portavoce delle richieste dell’Europa, che vede nelle riforme legislative per la lotta alla corruzione una delle sfide chiave che le autorità di Kiev si troveranno davanti nel futuro. L’italiana ha sottolineato che in questo processo l’Ue sarà al fianco delle autorità e dei cittadini ucraini; “Il nostro impegno politico e diplomatico è più intenso che mai”, aveva ricordato nei giorni scorsi, confermando quanto la crisi del Donbass sia tra i principali dossier di interesse per Bruxelles (e automaticamente lo è anche per l’Italia, chiamata a ricoprire tra l’altro il ruolo di presidenza di turno dell’Osce).

Nelle scorse settimane, la controversia relativa alle forniture di gas russo all’Ucraina e il relativo stop imposto da Mosca, aveva dato un’immagine secca sull’importanza potenziale della situazione. Dal territorio ucraino, infatti, passano i gasdotti che — almeno per il momento — portano il gas in Europa, e dunque: cosa succederebbe se anche queste concessioni finissero in mezzo alle liti tra Mosca e Kiev?

Sulle diatribe pesa anche la situazione in Transnistria, come ha ricordato Franco Frattini, nuovo inviato dell’Osce per il conflitto, in un’intervista concessa a RFE/RL il 9 marzo: l’ex commissario europeo ha sottolineato che sia la Russia che l’Ucraina hanno ruoli ugualmente importanti nel risolvere la disputa decennale tra la Moldavia e la sua regione separatista orientale. Come da parte di entrambe, e dagli attori esterni che gravitano attorno al dossier, è richiesto impegno sul Donbass — dove intanto la conferma delle sanzioni in piedi da tre anni sono un monito con cui l’Ue pressa la Russia.

 

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