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La Svezia si prepara alla guerra contro la Russia. Il piano di “difesa totale” per la sicurezza del Paese

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A distanza di decenni, la Svezia si rimette sul “piede di guerra”e riporta alla mente di tutti quel “Om kriget kommer” (se arriva la guerra), un vero e proprio libretto d’istruzioni che, all’epoca aveva diffuso per prepararsi alla Guerra Fredda. In questo modo trascorsero quegli anni, fino alla caduta del muro di Berlino, cercando di prepararsi a difendersi dall’invasione e tentando di elaborare una mobilitazione civile per mettere in sicurezza il proprio territorio. Con la fine dell’Unione Sovietica e con l’allentarsi della tensione tutto era andato scemando, fino ad oggi. Dal 2017, infatti, Stoccolma, alla luce delle ultime provocazioni che giungono dalla Russia vicino ai suoi confini e alle loro probabili ingerenze nelle elezioni americane, sta gettando le basi per riproporre quel concetto di “difesa totale” che la vorrebbe pronta ad utilizzare ogni mezzo per assicurare una protezione sicura per il proprio Paese.

Magnus Nordenman del Consiglio Atlantico a questo proposito ha detto: “La Svezia era famosa per questo progetto durante la Guerra Fredda, con piani molto elaborati e dettagliati, fino ad arrivare alla progettazione di parcheggi da poter usare come rifugi” e “parlandone ora manda un segnale preciso”, ha concluso. Durante la visita a Washington, il capo della Commissione Difesa svedese Bjorn von Sydow e il capo della segreteria della Commissione hanno esposto il piano per rinforzare le infrastrutture di difesa e permettere, in questo modo, al Paese di poter resistere a un’invasione fino a una durata di tre mesi.

“Quando diciamo protezione civile, intendiamo tutte le attività civili nella società, comprese le cure mediche, gli alloggi, le aziende private”, ha detto von Sydow, continuando poi “si tratta di una mobilitazione totale del Paese e di pianificare il modo di indirizzare tutte le forze per risolvere, nel peggiore dei casi, un attacco militare”. Se inizialmente la Commissione presieduta da von Sydow aveva il compito di fornire un rapporto finale entro maggio del 2019, ha deciso, poi, di pubblicare alla fine del 2017 un rapporto intermedio di sei pagine in modo da fornire una prima comprensione dei loro progetti e soprattutto in modo da far sapere a qualsiasi potenziale avversario, che l’invasione del territorio svedese risulterà estremamente complicato. Questo primo rapporto stima che dal 2021 al 2025 Stoccolma avrà necessità di investire nella difesa 4,2 miliardi di corone all’anno (circa 510 milioni di dollari). Una spesa che per un Paese come la Svezia risulta essere un investimento molto serio, soprattutto se si considera che alla cifra sopra indicata va aggiunta quella per le forze armate.

Intanto, però, von Sydow si trova, ad oggi, con circa 400 milioni di corone all’anno da investire nel progetto. Fondi che finiranno nell’implementazione delle infrastrutture, nelle nuove tecnologie e soprattutto per la formazione in modo da poter essere in grado di resistere alla propaganda e alle fake news diffuse dai social media. Un modo, insomma, non solo per difendere i confini territoriali ma anche e in special modo per difendere i principi democratici della nazione. “In definitiva, la protezione della democrazia e del processo politico è vista come un interesse nazionale fondamentale”, ha detto Erik Brattberg del Carnegie Endowment for International Peace. “Che fa parte della difesa totale del Paese. Non si tratta solo di assicurarsi che le persone abbiano elettricità e cibo. Si tratta anche di garantire l’esistenza di valori, principi e norme sociali”, ha sottolineato.

All’inizio del processo, la commissione ha chiarito i due principi chiave per la riuscita dell’operazione. Il primo è che ci vorrà una settimana prima che i militari svedesi siano pienamente mobilitati. A questo proposito von Sydow ha detto che ovviamente in quella prima settimana i civili dovranno cercare di difendere meglio che possono. Il secondo punto precisa che ci vorranno tre mesi prima che le forze di terra alleate possano assistere la Svezia nella protezione del suo territorio. Questo forse è proprio il punto più controverso, in quanto la Svezia non fa parte della Nato e qualsiasi azione militare dovrebbe provenire da una coalizione di alleati disposti a schierarsi.”C’è un crescente riconoscimento, anche negli ambienti Nato, e secondo gli accordi attuali, ci vorrà un po’ di tempo prima di essere in grado di difendere chiunque nel nord Europa”, ha detto a questo proposito Nordernman.

Brattberg, intanto, ritiene che gli accordi bilaterali tra la Svezia e le altre nazioni, tra cui gli Usa e la Finlandia potrebbero aiutare nella decisione di sostenere il Paese. La Finlandia, in particolare, offre un punto di vista unico, in quanto anch’essa munita di un piano di difesa totale. Ma, a differenza della Svezia, non ha mai smantellato quel piano dopo la guerra fredda. In una recente intervista, infatti, il Direttore generale della politica di difesa finlandese Janne Kuusela ha dichiarato alla Defense News che: “Non sarà una passeggiata cercare di invaderci” e “ogni potenziale aggressore deve pensarci due volte prima di entrare in Finlandia”. Ed è questo, in sostanza, il piano svedese: “Dateci tempo, dateci dei piani, dateci degli esercitazioni, dateci delle persone e ce la possiamo fare”, ha detto von Sydow. “Abbiamo bisogno di tempo, ma faremo il possibile”, ha concluso.

Una potenziale complicazione alla riuscita dell’operazione è rappresentata, in questo momento, dalle imminenti elezioni politiche di settembre che potrebbero, a questo punto, riformare la coalizione di governo che ha espresso il proprio sostegno al progetto.



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