Vale di più il rapporto con gli alleati storici o l’onore agli occhi dell’elettorato che l’ha portato dentro lo Studio Ovale. Donald Trump non sembra avere dubbi, almeno secondo Salvatore Zecchini, economista in forza all’Ocse, professore di economia internazionale a Tor Vergata con un passato da capo del servizio studi in Bankitalia. La partita sui dazi sta prendendo una piega inaspettata, il cui esito è ancora tutto da scrivere, ma il Presidente Usa è convinto della seconda opzione.
Il fatto è che la sabbia nella clessidra sta finendo, visto che da domani potrebbe iniziare una guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti. Le trattative delle scorse settimane non hanno portato a nessun risultato e sia il Presidente francese Emmanuel Macron sia la cancelliera Angela a Merkel sono tornati da Washington con un pugno di mosche. A conti fatti, restano per trattare, dopodiché scadrà il periodo di esenzione concesso dagli Usa all’Ue per i dazi su acciaio (25%) e alluminio (10%). L’Europa è ora pronta a far scattare le contromisure che tiene nel cassetto: c’è già una lista di prodotti americani su cui applicare i dazi del 25%. Una rappresaglia che vale 2,8 miliardi di euro. Ma davvero bisogna arrivare a tanto?
“Facciamo una premessa. Tutto quello che in qualche modo era stato paventato, si è verificato. Gli Stati Uniti hanno deciso di andare allo scontro. E questo perché Trump continua a voler difendere un’industria, quella dell’alluminio dell’acciaio, che poi non è così minacciata dall’Europa come si pensa”. Per Zecchini comunque, un problema politico c’è.
“Il fatto è che c’è poco spazio di manovra da parte di Trump e il perché è presto spiegato. Il presidente Usa ha costruito un’intera campagna elettorale sul protezionismo, sarebbe per lui impossibile ora tornare indietro. Come potrebbe giustificare questo agli occhi di quella pancia di elettorato che l’ha votato? Un elettorato spesso ignorante dell’ordine mondiale e delle sue regole. La verità è che Trump vuole fare il macho, il duro a tutti i costi, mettendo a rischio i rapporti anche con quegli alleati per così dire storici, come Germania e Francia. Dimostrando, tuttavia, una certa coerenza”.
Eppure una via d’uscita c’è ed è lo stesso esperto Ocse a indicarla. “Quando si negozia su un fronte così delicato, come quello commerciale, non c’è mai un solo tavolo di discussione. Io credo che gli altri tavoli siano l’Iran, la Siria, la Russia. Se per esempio, cito la crisi siriana, si registrasse un maggior allineamento agli americani, magari dalla Germania o dall’Italia, allora sono sicuro che lo stesso capo della Casa Bianca risulterebbe meno rigido. Quello che voglio dire è che questo scontro con Trump sottende ad altri tipi di negoziati. Ma ciò non deve far dimenticare che abbiamo a che fare con un Presidente molto ma molto determinato”.
Per Zecchini le possibilità di scongiurare la guerra commerciale sono al “50 e 50: o Stati Uniti ed Europa troveranno un accordo oppure, una volta iniziata la guerra con l’entrata in vigore dei dazi, il mondo si renderà conto dei danni che questa provocherà, soprattutto all’Europa. Forse allora Trump potrebbe anche cambiare idea”.