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Come la Russia cerca di sabotare i droni Usa in Siria. Nella paralisi diplomatica

Quattro funzionari americani hanno raccontato a Nbc News che alcuni droni statunitensi sono stati mandati in tilt da parte di attacchi cyber russi mentre stavano sorvolando la Siria. Si tratta di una notizia importante perché significa che la Russia sta interferendo sulle capacità militari americane messe in campo sul dossier siriano in una delle fasi più critiche degli otto anni di conflitto.

La rete televisiva in questo momento deve aver un ottimo canale a Washington, informato e ansioso di parlale, visto che sempre da loro è arrivata la notizia che Israele aveva avvisato in anticipo gli alleati americani quando lunedì ha colpito la base governativa T-4 a Homs.

Le fonti della Nbc spiegano che già settimane fa i sistemi Gps di “piccoli droni” americani — non i grandi Reaper e Predator che hanno decimato la catena di comando del Califfato — erano stati colpiti da sabotaggi da remoto dopo che si erano alzati i sospetti per attacchi chimici nella Ghouta, area ribelle intorno a Damasco su cui il regime ha lanciato nei giorni scorsi l’offensiva finale. Forse i russi temevano che quei droni servissero agli americani per acquisire informazioni su quello che stava accadendo nell’area e magari individuare gli obiettivi per un’eventuale rappresaglia.

La situazione in Siria è delicatissima. Dopo l’ultimo attacco chimico pesante, quello di Douma sabato scorso, gli Stati Uniti e diversi Paesi europei hanno incolpato Bashar el Assad e i suoi alleati per il massacro che ha ucciso dozzine di civili, e stanno valutando una rappresaglia militare. Tra i segnali più importanti: il presidente Donald Trump, che aveva promesso una reazione dura contro Damasco, ha annullato il tour in America Latina per restare nella situation room e seguire l’evoluzione della situazione.

Ma c’è anche di più. Il cacciatorpediniere americano “Donald Cook” è stato spostato dal porto cipriota di Larnaca verso le acque internazionali davanti alla costa siriana dove si trova Tartus, grande base navale e territorio russo in Siria. Mosca ha fatto decollare alcuni caccia che hanno segnato passaggi in volo ravvicinato alla nave da guerra americana. Francesi e inglesi hanno messo le proprie aviazioni in stato di massima allerta, altrettanto i sauditi; i sistemi di monitoraggio aereo Eurocontrol avvisano che i cieli del Mediterraneo orientale saranno pericolosi per gli aerei civili a causa di possibili bombardamenti; la Russia ha chiesto di evitare escalation, ma intanto ha attivato le batterie terra-aria S-400 piazzate sul territorio siriano e diverse unità navali in esercitazione sul Mar Nero sono state allertate.

”La Russia sta cercando di minare i nostri interessi su tutti campi: come possiamo pensare che possa essere qualcosa se non un nemico?” commenta il senatore Ben Sasse, repubblicano in questo periodo piuttosto assertivo sul dossier-Mosca. Di fatto, nell’epoca del cyber warfare, l’interferenza contro il sistema Gps di un drone (causandone malfunzionamento fino al limite al crash) è un attacco a tutti gli effetti — la tecnica russa, secondo gli esperti, è la stessa vista più volte in Ucraina dopo l’invasione della Crimea ed è talmente sofisticata che riesce a penetrare i sistemi anti-intrusione dei software che controllano i droni statunitensi.

Ieri sera al Consiglio di sicurezza dell’Onu, Mosca ha posto il veto a una risoluzione che prevedeva l’introduzione di un meccanismo d’inchiesta sul sospetto attacco con il gas di Douma; il governo siriano ha invitato ispettori dell’Opcw in Siria, ma non è chiaro se entreranno nella città colpita, dove però sono andati i russi e hanno detto che non ci sono prove e che l’attacco non c’è mai stato (versione diversa per gli alleati iraniani che dicono: c’è stato, ma non sono stati i governativi). La cortina fumogena diplomatica continua, mentre sul campo le osservazioni dei droni vengono sabotate.

 

 

 

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