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Il Vaticano sui media? Ecco le sfide (e le difficoltà)

pell iom paolo vi becchetti

La cultura contemporanea si nutre di un flusso di informazioni costanti, che in buona parte hanno già modificato l’intero sistema dei mass media e in parte lo stanno ancora facendo. Raccontare la fede, la Chiesa, la spiritualità in questo contesto è tanto difficile quanto allo stesso tempo rappresenta una vera e propria sfida per chi agisce nel contesto dell’informazione cattolica. C’è uno spazio che si apre, a livello di mercato, nella misura in cui questa domanda è presente nei vissuti delle persone, nei loro bisogni, nelle necessità dei cuori di essere colmati dell’amore di Dio, in un contesto di relazioni sfibrate, di valori perduti, di una società spesso liquida e cinica. Fino all’emergenza di dover offrire un messaggio controcorrente rispetto ai conflitti politici e sociali, a quel terreno sdrucciolevole della terza guerra mondiale a pezzi da cui mette continuamente in guardia l’attuale pontefice.

IL CONVEGNO ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ DELLA SANTA CROCE

Di questi aspetti si è parlato durante l’XI Seminario professionale sugli Uffici di Comunicazione della Chiesa, promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce di Roma, svoltosi dal 17 al 19 aprile e intitolato “Dialogo, rispetto e libertà di espressione nell’arena pubblica”. Gli argomenti specifici affrontati sono stati numerosi, da quello delle fake news alla post-verità, passando per la privacy su web, l’uso dei big data, l’educazione digitale fino a quello del racconto della Chiesa nella società contemporanea. Su quest’ultimo punto, alla fine della seconda giornata, iniziata con l’udienza di Papa Francesco e proseguita con un faccia a faccia dei partecipanti con monsignor Lucio Adriano Ruiz, il nuovo capo della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede subentrato a monsignor Dario Edoardo Viganò dopo le sue dimissioni, si è svolto un interessante dialogo che ha visto confrontarsi alcuni tra i maggiori vaticanisti internazionali.

L’INCONTRO CON IL NUOVO CAPO DELLA COMUNICAZIONI VATICANE LUCIO RUIZ

È infatti la stessa sfida a cui è chiamata la comunicazione del Vaticano, nel pieno della fase successiva alle dimissioni di Viganò. Il punto è che ogni struttura di comunicazione già esistente Oltretevere è nata in parallelo con quelli che sono stati i cambiamenti tecnologici, dalla tipografia, la cui storia risale indietro di secoli, fino alla radio e alla televisione. Che cioè la comunicazione vaticana cammina nella storia, e oggi è arrivato il momento di internet. Questione che, a un certo punto, ci si è accorti che si stava affrontando nel modo sbagliato, in maniera estemporanea: ogni singola struttura aveva sviluppato nel tempo una sua propria parte digitale, che si sovrapponeva alle altre creando prodotti ripetitivi tra loro. Il sito dell’Osservatore Romano sovrapposto a quello del Ctv, della Radio Vaticana, e così via.

IL RIPENSAMENTO DEI MEDIA VATICANI E LA RISPOSTA CULTURALE

Questo ha fatto comprendere la necessità non di una semplice riorganizzazione ma di un ripensamento, ha spiegato lo stesso monsignor Ruiz nel colloquio avuto con l’insieme dei partecipanti al convegno. In cui ha spiegato che la riforma dei media vaticani risponde prima di tutto a una questione culturale, e che non si tratta di un processo meramente organizzativo o economico ma di una risposta culturale, già in parte presente nella convergenza multimediale del nuovo portale di informazione vaticana, Vatican News. Ma che chiede altresì di dare vita a una comunicazione nuova, che coinvolga gli utenti all’interno di un flusso informativo sempre più onnicomprensivo, il che spiega anche l’utilizzo sempre più aperto di strumenti come i social network, o lo studio costante di altre ipotesi tecnologiche. Ma che mantegano al centro sempre la stessa idea fondamentale, quella di servire al meglio la Chiesa e il messaggio del Vangelo.

L’INTERVENTO DEL GIORNALISTA FRANCESE AYMERIC POURBAIX

Se poi invece ci si inoltra all’interno dei singoli Paesi, e si analizza la questione dal punto di vista dei media nel loro complesso, i contesti risultano essere molto diversificati tra loro. Ad esempio, se ci si sofferma sulla Francia, “dal punto di vista religioso la situazione è molto complicata, perché c’è questa famosa laicità alla francese, che vuol dire che se anche la libertà di espressione è garantita, è molto difficile parlare di Chiesa e Vaticano nei media mainstream”, ha spiegato Aymeric Pourbaix, direttore dell’agenzia francese di informazione cattolica IMedia. “A meno che non riguardi scandali o aneddoti specifici”, ha aggiunto in maniera sconfortata. Per esempio, ha denunciato il giornalista, “nel momento di qualche ordinazione sacerdotale nei media il contesto porta a dover sempre trovare a tutti i costi la pecora nera, l’elemento curioso o particolare, come il prete handicappato, che viene da una famiglia divorziata, che ha cambiato strada in corso d’opera”. Questo può anche essere positivo, spiega, ma il punto è che “non si parla mai di preti normali, come ce ne sono in tutto il mondo”.

LE REAZIONI DELL’INCONTRO DI MACRON CON I VESCOVI FRANCESI

Ciò per sottolineare che il lavoro di un giornalista vaticano è molto difficile in Francia. “Ed e ancora più difficile per i giornalisti cattolici, perché hanno molta difficoltà a parlare della loro fede sui media, anche se fortunatamente ci sono gli anticorpi”. Negli scorsi giorni invece c’è stato un incontro per molti inatteso, quello in cui si è visto il presidente Emmanuel Macron, a colloquio con la conferenza episcopale, pronunciare un discorso di grande vicinanza con il mondo cattolico (qui l’articolo di Formiche.net). “È stata una grande novità nel contesto francese, e ci sono state reazioni di due tipi: la prima in cui ci si è complimentati con il presidente, perché non c’è solo l’islam ma ci sono anche i cattolici, e le altre religioni, per cui è molto importante il passaggio in cui ha auspicato che i cattolici si affermino nella società. La seconda è invece una vecchia reazione della sinistra e della massoneria, che ha considerato il fatto che il presidente va a incontrare i cattolici e va a parlare con loro uno scandalo. Ma dove è uno scandalo, mi chiedo io?”.

LE PAROLE DEL GIORNALISTA DEL NEW YORK TIMES JASON HOROWITZ

Interessante invece il punto di vista statunitense, sia per quanto riguarda le testate cattoliche ma sopratutto le grandi media companies più laiche, come ad esempio il New York Times, non sempre tenero con la Chiesa cattolica, ma che spesso riporta in prima pagina corrispondenze da Roma sui fatti che accadono nelle segrete stanze al di là di piazza San Pietro. “Il Vaticano è una istituzione particolare, non è una corporation, ha molti aspetti che la rendono interessante da raccontare, ed è impossibile dimenticare l’aspetto spirituale e le motivazioni di chi opera nella Chiesa: per questo non si tratta di raccontare di una normale istituzione di potere”, ha spiegato il giornalista del New York Times Jason Horowitz. “Per noi una vicenda è buona quando abbiamo tutti i dettagli”, mentre al contrario “è vero che le opinioni sono un pericolo, ma fa parte del gioco”. E “non c’è solo ciò che dice il Papa, ma bisogna raccontare che cosa succede nelle istituzioni, chi ha incontrato chi, di cosa hanno parlato, e dire a volte ciò che la Chiesa non vuole che venga detto”, ha aggiunto. “Poi bisogna anche raccontare come viene governata la Chiesa, tema che a molto fedeli negli Usa interessa, ed è per questo che abbiamo un approccio a volte aggressivo, ma equo”, ha concluso.

IL COMMENTO DEL GIORNALISTA RUSSO ALEXEY BUJALOV

Gli umori in sala non sono però gli stessi per tutti, e dalle poltroncine del pubblico, composto di esperti del settore da tutto il mondo, dopo l’intervento del direttore dell’Agenzia della Stampa Russa Itartass Alexey Bujalov c’è chi si alza in piedi per ironizzare: “C’è chi dice che fare informazione è difficile in Russia, ma capisco che altrove la situazione non è poi troppo diversa”. In Russia l’informazione sul mondo cattolico romano crea curiosità, attrazione, dibattito. “Il pubblico russo è molto interessato dalle comunicazioni del Vaticano, anche se non sempre tutti applaudono”, ha infatti affermato il giornalista. Anche se, nonostante lo storico incontro a Cuba con il patriarca Kirill, “nel paese il Papa non è sempre visto bene da tutti: ci sono molti a cui non sta bene ciò che dice, quindi quello vaticano è un tema delicato, e noi non siamo un’agenzia religiosa”, ha specificato. “Ma Francesco è un personaggio straordinario, e c’è il piacere di sentire anche il suo contatto personale. Quando ci parla lo fa in modo spiritoso, sa giocare: arrivato in Armenia, prima di scendere dall’aereo, mi ha chiamato per nome e mi ha chiesto se conoscevo le ragioni del viaggio in Armenia”, ha raccontato in maniera divertita. “A quel punto ho risposto: immagino, ma me le dica lei. Lui mi disse: vado per farti parlare un po’ di russo!”.

“GUARDO I COMMENTI NEGATIVI PER CAPIRE COME MIGLIORARE”, SPIEGA LA VATICANISTA WOODEN

Tuttavia la richiesta di informazione religiosa è ampia anche negli Stati Uniti, e interessa in maniera specifica le testate cattoliche. “È un errore quello di pensare che oggi sia più difficile raccontate le storie rispetto al passato, basta pensare alla Palestina nei primi secoli dopo Cristo”, ha affermato la vaticanista americana del Condy Wooden, direttrice del Catholic News Service. “Oggi il compito dei comunicatori cattolici è lo stesso di sempre. Il punto più importante è mostrare cosa fanno le persone e come vivono dal punto di vista delle loro credenze”. Va poi sottolineato che parecchie di “queste informazioni arrivano in modo molto diretto”, e ciò fa sì che “non è la stessa cosa che facevano i primi discepoli. Ma se pensiamo a cosa si comunicava cinquant’anni fa è molto diverso. Oggi siamo sempre tutti sotto pressione. Usando spesso Twitter vedo molti commenti negativi, ma io li uso per capire su quali punti le mie storie devono entrare maggiormente in contatto. Uno scandalo invece come quello degli abusi sessuali è un fatto, e rende molto difficili le cose della Chiesa”.

LE SFIDE DELL’INFORMAZIONE CATTOLICA

Quale è perciò, in conclusione, la vera sfida oggi dei media cattolici? “Le risposte vengono con la comprensione e con la preghiera, bisogna capire qual è la verità e capire che essere cristiano significa fare comunione e unità”, ha affermato Alan Holdren, direttore della redazione romana di EWTN, network religioso americano diffuso in 144 nazioni. “Il mercato c’è, la gente è interessata, si può crescere”, e quello di dare un messaggio cristiano di comunione “è proprio il punto centrale, la nostra missione”. “Siamo sempre in grado?”, ha domandato Holdren. “No, è un compito estremamente arduo, ma fa parte della natura umana”.

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