Alla fine è arrivato. Un uno-due micidiale che rischia di mettere a tappeto Vivendi, una volta per tutte. Il fondo americano Elliott dà la prima vera zampata alla media company francese di Vincent Bollorè (nella foto), azionista di riferimento di Tim con una quota di quasi il 24%.
Da una parte la salita all’8,8% nel capitale della società tlc, ma con l’opzione di acquistarne un altro 4,9%, col risultato di portarsi in un lampo al 14%. Dall’altra, il piano per lo scorporo della rete che coinvolge direttamente Open Fiber, ovvero Cassa Depositi e Prestiti (azionista al 50%), fresca di ingresso con una quota fino al 5%, ed Enel. Piano, giova ricoradarlo, che piace al governo italiano, desideroso di avere un ruolo e un peso nella nascita della società che gestirà la rete. Ancora, l’endorsment di molti consulenti incaricati di curare gli interessi dei fondi azionisti di Tim, che hanno invitato apertamente i loro clienti a schierarsi con Elliott. Il quale, ha chiarito nel pomeriggio lo stesso fondo Usa, mira a “liberare Tim dal regno di Vivendi”.
Di contro Vivendi ottiene uno slittamento della resa dei conti in assemblea, dal momento che il board da poco concluso ha dichiarato inammissibile l’integrazione dei lavori dell’assemblea del 24 aprile, avallata dal collegio sindacale, che prevedeva per l’appunto il rinnovo del board. Tutto insomma è rimandato al 4 maggio quando nell’assise dei soci si andrà alla conta sulle liste presentate rispettivamente da Vivendi ed Elliott.
Nel primo caso, il ceo Amos Genish, Arnaud de Puyfontaine, Franco Bernabè, Marella Moretti, Frédéric Crépin, Michele Valensise, Giuseppina Capaldo, Anna Jones, Camilla Antonini, e Stéphane Roussel. Nel secondo, la lista di Elliott, Luigi Gubitosi, Dante Roscini, Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti e Rocco Sabelli potrebbero aggiungersi altri nominativi. Sembra probabile ormai la presenza di Alfredo Altavilla, classe 1963, Chief operating officer per Europa, Africa e Medio Oriente di Fca.
Chi invece non presenterà alcuna lista è Assogestioni, che rappresenta molti dei fondi azionisti della società telefonica. Dunque, si profila uno scontro aperto tra due fronti, con in mezzo la Cdp che ha tempo fino al 13 aprile per concretizzare il suo acquisto di azioni Tim. Che però con ogni probabilità non avverrà il prossimo 24 aprile, bensì il 4 maggio. E questo perché il board ha ritenuto Il cda di Tim ritienuto “illegittima” la decisione del colleglio dei sindaci di accogliere le richieste del fondo attivista Elliott e di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea di aprile con la revoca dei sei consiglieri in quota Vivendi e la loro sostituzione con 6 indipendenti.
A detta del cda “il collegio sindacale ha preso la propria decisione sulla base di una nota irritualmente fatta pervenire al medesimo dai consulenti legali dei fondi Elliott, in data 24 marzo 2018, oltre il termine di legge e neppure condivisa (se non a decisione già assunta) con il consiglio di amministrazione”.
L’altro colpo a Vivendi è arrivato con l’annuncio da parte di Elliott di un piano che punta ad aumentare il valore della rete, coinvolgendo direttamente Open Fiber. Obiettivo, convincere gli azionisti ancora titubanti a votare per il fondo americano e la sua lista di consiglieri. Elliott nel pomeriggio ha infatti diffuso una nota in cui ha promesso di poter raddoppiare il valore delle azioni di Tim in due anni portandolo a 1,6 euro dagli attuali 0,80 euro. Il pilastro del suo piano è la separazione della rete con la creazione di una società che potrebbe liberare fino a 7 miliardi di valore nascosto. Un progetto che strizza l’occhi al governo italiano e a Open Fiber. “Un approccio costruttivo con il governo italiano e l’Authority permetterà a Tim di massimizzare il valore dei suoi assett e di agire nell’interesse di tutti gli azionisti”, ha scritto Elliott.
A suggellare la manovra a tenaglia di Elliott, l’assist arrivato dalla società statunitense di consulenza ai gestori internazionali, Glass Lewis, che appoggia la proposta di revoca dei sei consiglieri francesi. “In generale siamo restii a raccomandare la revoca di amministratori in carica, o l’elezione di membri dissidenti, a meno che vi siano evidenti criticità. Ma le informazioni a disposizione del mercato pesano fortemente a favore delle prospettive indicate da Elliottt, e questo è dovuto solo marginalmente al fatto che la società non si è degnata di confutarle. L’argomento decisivo, a nostro parere, è l’ampia casistica che indica come Vivendi ha gestito e intende gestire Telecom Italia al servizio dei propri interessi, senza curarsi della vasta maggioranza degli altri investitori istituzionali”.
Anche il proxy advisor Iss si schiera a favore di Elliottt: “tutti i nomi proposti da Elliott sono candidati indipendenti italiani, alcuni dei quali con significative esperienze in cda e come amministratori delegati nel campo dei media, delle telecomunicazioni e di società pubbliche. La lista non è meno qualificata di quella che stanno cercando di rimpiazzare (Vivendi, ndr). Merita anche essere evidenziato che tre dei candidati hanno svolto il ruolo di amministratori delegati in società controllate dal governo italiano (Enel, Rai, Alitalia) e uno ha lavorato alla Consob, in un contesto dove le relazioni con il governo sono un fattore”.