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Un mondo più equo e giusto è possibile. Parola di Amartya Sen

Un mondo davvero globale è possibile? Anzi, solidale o ancora meglio privo di diseguaglianze. Forse, la prima risposta che viene in mente è no. Troppe le differenze tra Paese industrializzati e non, tra economie produttive e invece quelle che non producono sufficiente Pil per soddisfare la domanda di benessere nazionale. Eppure per Amartya Sen (nella foto), una via ci sarebbe.

L’economista e filosofo indiano, classe 1933, premio Nobel 1998 e tra gli ultimi grandi critici del capitalismo ha tenuto una lectio magistralis a Roma, organizzata dall’Enciclopedia Treccani presso Via Veneto in occasione del convegno Globalizzazione, eguaglianza e democrazia. Tra i partecipanti al dibattito, il presidente della Treccani, Giuliano Amato e l’economista-banchiere Pier Luigi Ciocca, oltre all’ex presidente della Corte costituzionale, Franco Gallo.

Punto primo, l’istruzione. Per Sen è essenziale “il concetto di servizio pubblico, inteso come beneficio dello Stato ai suoi cittadini. In questo senso penso che il primo vero servizio pubblico che può evitare distorsione sociale è l’istruzione di tutti i livelli ed estesa a tutta la popolazione”. Un Paese istruito, che va a scuola, è il messaggio di fondo dell’economista, ha molte più chanches di risultare equo ed equilibrato nella gestione della sua economia, rispetto agli altri. “È vero invece che globalmente il livello delle diseguaglianze è straordinariamente alto e questo è intollerabile”.

Altra cardine per un mondo più giusto, lavorare sulle discriminazioni di genere. “La diseguaglianza di genere è ancora oggi un problema dei nostri tempi”, ha annotato Sen. “Pensiamo per esempio alle diseguaglianze nel settore sanitario, sia nei Paesi poveri sia in quelli più ricchi, come gli Stati Uniti. Che, rispetto all’Europa hanno gestito il problema delle discriminazioni nelle professioni molto peggio. Come l’India, il mio Paese, dove c’è una visione estremamente distorta della parità di genere. Usa e India, oggi due dei Paesi più importanti al mondo, hanno un sistema sanitario distorto per quanto riguarda il rapporto uomo-donna”.

Ma come trasformare un modello di equità, come quello decritto da Sen, in un nuovo equilibrio mondiale? Sen ha parlato di “nuovo umanesimo”, facendo sue le parole di Alfredo Reichlin, al quale è stato dedicato il convegno. “Penso che i divari non sono perenni. Il parametro  è in realtà quello del privilegio e dell’assenza di privilegio, questa è la differenza su cui lavorare. E in questa situazione, il Nord dovrebbe avere un obbligo di solidarietà, perché può permetterselo. In pratica, per avere un nuovo assetto di equità, serve che i ricchi aiutino i poveri”.

 

 

 

 

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