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I mercati mandano un segnale alla politica. Che farebbe bene a non ignorare

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Non svegliate il can che dorme. Ma a forza di strillare, magari girando a vuoto, si rischia di farlo davvero. Il tunnel dentro il quale si è infilata un poco alla volta la politica a partire dal 4 marzo comincia a innervosire anche i mercati finanziari. Che in queste otto settimane di buio hanno dato prova di grande pazienza e tenuta psicologica. Ma ora la pazienza potrebbe essere finita. Quasi sicuramente è agli sgoccioli quella dell’Europa, visto che pochi giorni fa (qui lo speciale Formiche.net) dal commissario Pierre Moscovici è arrivato un monito abbastanza preciso: attenzione a non tirare troppo la corda perché gli investitori esteri potrebbero non comprendere tale impasse, iniziando a perdere la fiducia nell’Italia.

Oggi, dalla Borsa è arrivato un primo segnale. Piazza Affari si è tenuta costantemente negativa, toccando punte del -2,2% per poi attestarsi intorno al -2% e chiudere a -1,6%. Fin qui una normale giornata grigia di Borsa che però è arrivata un po’ troppo puntuale per essere una coincidenza. E cioè all’indomani dell’appello, respinto da Lega e M5S, del presidente Sergio Mattarella a votare un governo di tregua, in grado di traghettare il Paese a nuove elezioni ma non prima di aver approvato legge di Bilancio e soprattutto elettorale. Troppo per essere un caso. Anche perché quando lo scorso 30 aprile Luigi Di Maio aveva paventato l’intenzione di chiedere un nuovo voto a giugno, il Ftse Mib aveva registrato una brusca frenata.

A rinforzare la tesi secondo al quale coi mercati è meglio non scherzare c’è anche lo spread. Nella medesima giornata infatti anche i titoli di Stato italiani sono tornati sotto pressione con un rendimento salito all’1,82%, livello che non si toccava da fine marzo. Torna dunque a salire lo spread, la differenza di rendimento tra i titoli italiani e quelli tedeschi (bund) arrivato a toccare quota 131 punti.  In rialzo anche lo spread tra il Bonos spagnolo e il Bund a 76,2 punti e il tasso sul decennale si attesta all’1,295%.

Attenzione, non sono ancora livelli pericolosi e degni di forte preoccupazione, quelli che richiamano cioè il novembre 2011. Sono infatti lontani i giorni in cui si parlava di rischio default per il nostro Paese e lo spread viaggiava intorno ai 500 punti. Ma oggi l’avvertimento c’è stato tutto. In rialzo anche lo spread tra il Bonos spagnolo e il Bund a 76,2 punti e il tasso sul decennale si attesta all’1,295%.

Agli atti va però messa anche la posizione dell’Europa, ma con le dovute accortezze. A Bruxelles devono aver capito il momento di difficoltà italiano e per questo hanno provato a gettare acqua sul fuoco. “Non siamo mai preoccupati per queste questioni, abbiamo piena fiducia nel presidente della Repubblica e nelle istituzioni italiane”, ha detto il portavoce Alexander Winterstein, rispondendo alla stampa italiana durante il briefing quotidiano dell’esecutivo comunitario.

A una successiva domanda sul rischio che la prolungata incertezza politica possa avere conseguenze sui mercati e allargare lo spread fra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi Winterstein ha chiarito che “le previsioni economiche sono chiare, noi non diamo valutazioni sulla situazione politica in Italia. Una previsione è una previsione, è stata pubblicata”. Tuttavia bisogna fare la tara tra quello che pensa l’Ue e quello che invece pensano gli investitori di mezzo mondo. I quali potrebbero non avere lo stesso zen dei commissari europei.

Secondo Fedele De Novellis, economista del Centro Studi Ref, non è il caso di farsi prendere dagli allarmismi, ma nemmeno di sottovalutare il dato di oggi. “Appare ovvio come siamo dinnanzi a un’incognita politica, ma i mercati sono anche sotto pressione per un altro motivo, il rialzo dei tassi da parte della Fed. In questo momento credo che non ci sia un ‘problema mercati’ anche perché, stallo o meno, al momento le finanze italiane sono di fatto blindate dai vincoli europei. Però ecco sì, si faccia attenzione a non creare un’aspettativa troppo lunga”.

A preoccupare il governo, almeno per il momento, non è comunque la reazione dei mercati alla palude politica italiana. Danno pensiero più i dazi americani e il blocco dell’Iva. “L’introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti e le eventuali ripercussioni da parte della Cina e degli altri Paesi, rappresenta il rischio più significativo per le previsioni di crescita italiane”, ha detto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in Commissioni speciali riunite di Camera e Senato, per l’audizione sul Def. L’altro buco nero è l’Iva che il Tesoro vorrebbe scongiurare con la manovra d’autunno. Ma con quale governo?

 


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