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Ecco cosa pensa davvero Paolo Savona su Eurozona, debito e nuovo governo

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L’auspicio di un’Europa “ambiziosa e solidale”, risultato di una riforma della sua architettura che tenga conto dei rapporti tra Stati membri e istituzioni euopee, in cui il governo italiano faccia la sua parte, portando le sue istanze al tavolo delle trattative che nei prossimi mesi si avvieranno a Bruxelles. Quali sono le idee su Europa, riforma dell’eurozona e posizione italiana il professor Paolo Savona, economista e possibile ministro dell’Economia del governo gialloverde, lo ha scritto nelle scorse settimane tra gli articoli pubblicati in diversi quotidiani nazionali, quando auspicava da una parte il ritorno alle urne e dall’altra proponeva una via d’uscita per la crisi europea.

Mentre i contatti tra Lega e 5 Stelle si facevano sempre più serrati e negli organi di stampa, e non solo, si parlava della necessità di un governo stabile e non di rottura, Savona si chiedeva se e come un eventuale governo gialloverde avrebbe potuto affrontare la riforma dell’Europa che a breve si discuterà a Bruxelles. “I loro programmi – scriveva Savona lo scorso 24 aprile in una lettera indirizzata al direttore del Sole 24 Ore – non si conciliano con i patti europei vigenti, ancor meno con la riforma europea di cui si parla, sui quali sarebbe opportuno dare contezza agli elettori”. La prospettiva, di fronte all’impossibilità di una maggioranza diversa da quella di Lega e 5 Stelle, è per l’Italia quella di una possibile “perdita della sovranità fiscale in cambio di un’assistenza finanziaria (Grecia docet) che comporterà una tassazione massiccia e tagli salariali ‘per rientrare nei parametri di bilancio pubblico’”, scriveva Savona. Il professore, però offre una soluzione, dalle pagine del Sole, un “Piano A per restare in Europa”: nuove elezioni e richiesta al Parlamento sulla collocazione dell’Italia in Europa. Diversamente, “i partiti facciano sapere quale sia il loro Piano B per uscire dall’Europa. Speriamo che politici ed economisti sappiano valutare questa volta le conseguenze dell’una o dell’altra scelta sul piano pratico. Il quesito è: vogliamo o no affrontare questo problema centrale per il futuro del Paese o continuiamo a girarci attorno nella speranza che i problemi si risolvano da soli e le soluzioni continuino a non essere scelte democraticamente come da troppi decenni accade?”.

Ma un piano per restare in Europa e cambiarla per renderla “ambiziosa e solidale” il prof Savona lo aveva proposto sulle pagine di Milano Finanza dell’11 aprile, in cui peraltro continuava a sottolineare la “sordità dei protagonisti” dello scenario post elettorale sui temi europei, in particolare sul debito italiano. “L’Italia è debitrice per438 mld di euro (saliti a 444 a febbraio) e con la Grecia rappresenta la quasi totalità dei paesi gravemente esposti sul Target2 (‘meccanismo contabile che lega i rapporti di credito e debito tra banche centrali e commerciali dell’Eurosistema’, speiga ancora Savona)”. Qualsiasi Paese che volesse uscire dalla zona Euro, ricordava Savona, dovrebbe saldare prima questi debiti, in un sistema che presenta divergenze enormi tra i vari Stati membri.

Ecco la soluzione, allora: “Quella del risanamento che passa attraverso avanzi di bilancio pubblico è la musica che viene suonata in una sala attigua a quella principale al solo fine di reggere lo strascico al re, invece di illuminarne il cammino proponendo una profonda riforma dell’architettura istituzionale europea”, di cui poi Savona segna quattro punti fondamentali: “1. creazione di una Scuola comune europea di ogni ordine e grado; 2. assegnazione di poteri di iniziativa legislativa al Parlamento europeo su materie stabilite; 3. attribuzione di poteri di intervento della Commissione almeno nelle infrastrutture, anche ricorrendo a forme di indebitamento fuori bilancio; 4. conferimento di obiettivi e strumenti alla Bce, in linea con quelli delle principali banche centrali del mondo”. Sarebbe ora, concludeva Savona, che si inizi a parlare di queste riforme, “sperando che non sia troppo tardi”.

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