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Perché l’industria italiana non può che ripartire dall’Ilva. La versione di Cuzzilla (Federmanager)

Qualcosa proprio non torna per i manager italiani nel contratto sottoscritto da Lega e Cinque Stelle. Qualcosa come l’Ilva, un pezzo, grande, dell’industria italiana. L’assemblea di Federmanager, riunita a Roma nella cornice del museo Maxxi e apertasi con un messaggio del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, lo ha ricordato ancora una volta. D’altronde, la federazione dei dirigenti italiani è da sempre schierata in prima per il rilancio dell’acciaieria più grande d’Europa, che il nascente governo giallo-verde, vorrebbe chiudere.

Un passaggio piuttosto delicato dunque per Stefano Cuzzilla (nella foto), presidente dell’associazione (qui un suo recente intervento su Formiche.net) che per una mezzora abbondante ha relazionato e a tratti scaldato la platea di 150 manager accorsa al Maxxi. Il messaggio intrinseco all’attacco di Cuzzilla è questo: chiudere Taranto è una follia, punto.

Piccola premessa. “Voglio ricordare perché la nostra manifattura va difesa, promossa e incentivata. Non solo siamo il secondo Paese in Europa, siamo il quarto nel mondo per valore aggiunto prodotto dall’industria manifatturiera. Per 8 settori manifatturieri su 14 l’Italia è prima in competitività”. Poi, l’affondo. “Rimaniamo increduli e non possiamo nasconderlo a vedere dimenticata questa industria nei programmi di chi si appresta a chiedere la fiducia al Parlamento: l’unico riferimento all’Ilva di Taranto apre a scenari inquietanti: non possiamo prescindere dal nostro acciaio e non possiamo abbandonare il Sud, dove gli investimenti, se fatti, avrebbero margini più ampi”.

D’altronde, nel ragionamento del numero uno di Federmanager c’è davvero poco spazio alle interpretazioni e la conclusione è una sola: “l’Italia va avanti solo se rilanciamo l’industria”. Il punto è capire, e Cuzzilla è sembrato più volte sul punto di chiederselo pubblicamente, se gli azionisti del governo Matteo Salvini e Luigi Di Maio ne abbiano contezza. “Dobbiamo considerare che i posti di lavoro in più registrati negli ultimi dieci anni sono tutti concentrati nei servizi. Abbiamo perso quasi 900 mila lavoratori nell’industria”, ha ricordato il leader dei manager.

Saltando dall’altra parte del fiume, c’è la flat tax, tanto cara alla Lega di Salvini. La tassa forfettaria non ha mai convinto più di tanto manager e industriali perché vista come un grande esborso di risorse senza garanzia di beneficio. Anche Cuzzilla lo sa fin troppo bene, tanto da paragonare la flat tax a una sorta di scommessa, dove tutto può funzionare oppure trasformarsi in una sciagura. “Dobbiamo adottare un sistema fiscale premiante per le famiglie. Il fisco deve sostenere il lavoro, non abbatterlo a colpi di tasse.  Non è irrilevante come organizziamo il prelievo fiscale. Il proposito di una flat tax è una scommessa che, nell’affermare il sacrosanto principio del ‘pagare meno ma pagare tutti’, va attuato con la necessaria gradualità, riportando a equità una tassazione esagerata del lavoro e delle pensioni”.

In questo senso si è registrata una certa assonanza tra manager e imprenditori, visto che anche la stessa Confindustria, rappresentata in sala da Marcella Panucci (qui il suo intervento questa mattina a Radio Capital) apprezzerebbe una revisione del sistema fiscale graduale e non a mezzo shock. La stessa dg di Confindustria ha poi espresso a Formiche.net la sua soddisfazione per la relazione di Cuzzilla, giudicata puntuale e precisa nelle argomentazioni.

Un’apertura di credito il numero uno di Federmanager lo ha avuto poi proprio dalla Lega, nella figura di Barbara Saltamartini, che ha auspicato un confronto tra il governo in via di formazione e gli stessi manager. “I vostri sono temi delicati e cruciali, io mi aspetto un confronto vero e sincero con chi è chiamato a dirigere l’industria italiana”, ha detto Saltamartini.


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