Primo maggio: Papa Francesco prega per la pace nel mondo e in particolare in Siria recandosi nel santuario del Divino Amore. Dunque ha seguito la religiosità popolare per aprire il mese della devozione mariana recandosi al santuario del Divino Amore, come fanno i romani per chiedere l’aiuto di Maria. Secondo una tradizione nella primavera del 1740 un pellegrino diretto a Roma si smarrì nelle campagne e venne assalito da un minaccioso branco di cani. Quando vide sulla torre del vicino castello un’icona raffigurante Maria la invocò affinché lo salvasse. E il branco si diresse altrove. Ecco come quell’icona divenne luogo di pellegrinaggio dei romani. E ovviamente i drammatici eventi della Seconda Guerra Mondiale hanno coinvolto la Madonna del Divino Amore, la cui icona, il 24 gennaio 1944, venne portata a Roma. La religiosità popolare è una religiosità non clericalizzata, visto che ogni popolo si dimostra capace di resistere al male. In questo chi crede può vedere la centralità della Croce. Francesco, vescovo dei romani che vanno pellegrini al santuario del Divino Amore, c’è andato per chiedere la pace nel mondo, dunque per tutti i popoli, a cominciare dai siriani, tormentati da un conflitto che coinvolge le principali potenze militari mondiali e regionali e che si aggrava di anno in anno dal 2011.
C’è chi guarda con altezzoso disprezzo alla religiosità popolare, cosa che non si può certo immaginare per Jorge Mario Bergoglio, che ha di sovente messo in guardia da ogni clericalismo. E la sua preghiera per la Siria, pronunciata nel giorno di Pasqua, è stata ricordata all’inizio della recita del rosario: “Domandiamo frutti di pace per il mondo intero, a cominciare dall’amata e martoriata Siria, la cui popolazione è stremata da una guerra che non vede fine. In questa Pasqua, la luce di Cristo Risorto illumini le coscienze di tutti i responsabili politici e militari, affinché si ponga termine immediatamente allo sterminio in corso, si rispetti il diritto umanitario e si provveda ad agevolare l’accesso agli aiuti di cui questi nostri fratelli e sorelle hanno urgente bisogno, assicurando nel contempo condizioni adeguate per il ritorno di quanti sono stati sfollati”.
E proprio pronunciando la parola “sterminio”.
Papa Francesco ha colto l’essenza di quel conflitto, che già in occasione della sua visita alla Comunità di Sant’Egidio pochi giorni prima aveva scelto per indicare il nesso tra la logica del XX secolo e delle sue tragedie e quella del conflitto siriano. I popoli, per resistere al male, lo devono riconoscere. Il vento di speranza che in questi giorni è arrivato dalla Corea deriva proprio da questo riconoscimento, e un’altra preghiera per la pace in Siria promossa dal papa proprio per la Siria aveva favorito un’analoga speranza, favorendo l’accordo tra Stati Uniti e Russia per la distruzione delle armi chimiche in Siria: ma quell’accordo non resse alla prova della buona fede, tanto che poco dopo l’intesa sulla distruzione delle armi chimiche i gas sono tornati a uccidere in Siria, donne, bambini, anziani, ancora pochi giorni fa, a Douma. E anche questa volta la ricerca di una verità condivisibile da tutta la comunità internazionale non ha saputo dare frutti, il lavoro degli ispettori dell’Onu ostacolato per giorni e giorni da chi doveva favorirlo.
I tragici eventi siriani, confrontati con la speranza che comunque arriva dalla Corea, conferma l’importanza di questa preghiera voluta da Francesco per la pace in Siria, che rimane un obiettivo di primaria importanza ed urgenza non solo per i siriani, devastati da un conflitto che ha distrutto città, scuole, ospedali, il 30% delle abitazioni private, fabbriche, coltivazioni, causato almeno 500mila morti, 5 milioni di profughi, 6 milioni di sfollati su 20 milioni di abitanti. Questo nucleo di quella che Bergoglio ha definito la guerra mondiale a pezzi si estende purtroppo in tante altre guerre, alcune vicine e collegate, come quella dello Yemen, della costa settentrionale dell’Africa, del Mediterraneo, dove tanti profughi vengono inghiottiti dal mare mentre cercano la salvezza nella fuga. A questo nucleo del nuovo conflitto mondiale a pezzi si aggiungono tanti altri pezzi. La preghiera per la pace nel mondo di Francesco ha aperto un maggio cruciale per la pace.