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I Servizi segreti e Moro. Il merito di un uomo che sapeva guardare lontano

Aldo Moro

Aldo Moro ha profondamente segnato la storia del nostro Paese. La sua figura, però, è schiacciata sulla tragica fine, lasciando talvolta in ombra la sua lunga azione politica. Eppure, negli anni della Guerra fredda, Aldo Moro è sempre centrale nelle fasi che hanno allargato la partecipazione politica, prima ai socialisti e poi ai comunisti. Ma è anche segretario della Democrazia cristiana durante il governo Tambroni, presidente del Consiglio in occasione del Piano Solo e ministro degli Esteri durante la strategia della tensione.

Profondo conoscitore dell’Intelligence, ne sa utilizzare le informazioni e sa dialogare con gli uomini che la praticano, come Giovanni De Lorenzo, Vito Miceli e Stefano Giovannone. Proprio a quest’ultimo fa più volte riferimento nelle lettere scritte durante la sua prigionia, soprattutto in quella inviata al capogruppo della Dc Flaminio Piccoli e al sottosegretario con delega ai Servizi segreti Erminio Pennacchini. Ed è proprio Giovannone, capocentro dei Servizi a Beirut, a essere il garante del cosiddetto Lodo Moro, in base al quale le organizzazioni terroristiche palestinesi non avrebbero commesso attentati nel nostro Paese. Così come Moro dimostra la sua vicinanza al direttore del Sid, Vito Miceli, quando questo viene arrestato per la vicenda della Rosa dei venti. E lo scontro tra i generali Miceli e Gianadelio Maletti, dai connotati personali ma anche determinati dalle opposte visioni filoarabe e filoisraeliane, in un certo senso vede contrapposti, malgrado loro, Moro da un lato e Andreotti dall’altro.

Aldo Moro ha dimostrato che un uomo di Stato è anche un autentico uomo di Intelligence, poiché sapeva riconoscere questo fondamentale strumento nell’interesse della Repubblica. Sotto questo profilo la vicenda di Aldo Moro è ancora tutta da scrivere per evitare le comode riscritture, come ho tentato di fare curando il volume” Aldo Moro e l’Intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere”, edito da Rubbettino. Ma la vicenda di Aldo Moro oggi può essere importante per un utile confronto con il presente. Infatti, dopo la Seconda guerra mondiale e fino alla caduta del Muro di Berlino, le attività dell’Intelligence erano orientate al mantenimento dell’equilibrio nato dall’accordo di Yalta, in base al quale l’Italia faceva parte del blocco atlantico. Sotto questo aspetto potrebbero essere in parte inquadrati, senza entrare ovviamente nel merito, le considerazioni sulla sovranità limitata del nostro Paese e dei nostri Servizi e i fenomeni di contestazione politica, sociale e armata che in quei decenni si svilupparono.

Da notare, a riguardo, anche la singolare analisi di Gianfranco Sanguinetti, esposta nel libro “Del terrorismo e dello Stato”, che teorizza come sia la stessa democrazia, nella sua fase matura, a produrre il suo opposto, e cioè il terrorismo. Dopo il crollo del socialismo reale, sostituito da un altrettanto problematico capitalismo reale, nell’attività dell’Intelligence, a mio modo di vedere, si registrano tre fasi.

La prima è quella caratterizzata dallo spionaggio nell’accelerazione della globalizzazione e il caso Echelon ne è l’aspetto più evidente. In tale quadro, qualcuno inserisce anche Tangentopoli. La seconda fase si è sviluppata dopo l’11 settembre del 2001, quando sono stati messi a nudo i limiti dell’Intelligence in un mondo asimmetrico, impegnando poi successivamente verso l’Heartland, il cuore della terra dell’Asia centrale, gli sforzi dell’occidente con azioni militari e di Intelligence.

L’ultima fase è quella che si sta manifestando a partire dall’attentato a Parigi alla redazione della rivista francese Charlie Hebdo del 7 gennaio del 2015 poiché da allora l’Intelligence viene evocata come l’arma principale delle democrazie per contrastare il terrore. In definitiva, dal confronto tra questi due mondi, l’Intelligence del tempo di Aldo Moro e quella attuale del cyber-spazio, emerge una profonda linea di continuità rappresentata dalla circostanza che l’Intelligence costituisce il tempo del futuro. E non a caso lo statista democristiano, nel clima della Gaudium et spes, era costantemente in ascolto per scrutare i segni dei tempi, perché il compiuto di un autentico uomo di Stato era quello di saper guardare lontano.

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