Come politico una domanda mi si impone: cosa legittima il potere politico? Insieme all’eclettico Filippo Onoranti, che coniuga un Phd in filosofia e collaborazioni con aziende dalla Silicon Valley alla crypto valley di Zugo, per lo sviluppo di applicazioni della tecnologia blockchain, concordo che parlare di tecnologie non serve senza collegarle all’organizzazione di comunità sociali, siano esse aziende di business o partiti politici, perché le idee hanno bisogno di gambe! Per questo stiamo sviluppando una serie di riflessioni, pubblicazioni e progetti su come le nuove tecnologie possono divenire uno strumento per soddisfare l’eterno bisogno del potere politico di legittimazione, e la chiave è sempre una partecipazione che resti attiva e interattiva.
Filippo mi propone, per ratificare il debito della politica nei confronti della partecipazione, il mito di Prometeo; nel racconto le arti e la perizia non bastano a salvare gli uomini da loro stessi, così Zeus decide di donare all’umanità giustizia e saggezza, e a differenza delle altre virtù queste sono concesse parimenti a tutti gli uomini poiché, se così non fosse, “non vi sarebbero città”.
Il dialogo tra politica (filosofia) e tecnologia ha sempre giocato un ruolo di primo piano nella storia delle istituzioni: la scrittura ha emancipato le leggi dall’arbitrio dei sovrani, le strade hanno permesso a Roma di tenere in comunicazione gli antipodi dell’impero, e le telecomunicazioni hanno giocato un ruolo di primo piano nell’avvento della società di massa. Sovente le gambe delle idee sono tecnologiche e, citando Francesco Nicodemo, al tempo dei social sono l’organizzazione digitale.
I partiti oggi esprimono la loro istanza democratica con strumenti che possono apparire anacronistici, e dunque limitati in quanto ad efficacia. È il caso forse del Partito democratico? Penso che presenti questa vulnerabilità rispetto all’organizzazione della partecipazione. L’unica recente novità organizzativa è stata l’introduzione delle primarie per la scelta delle leadership. Tuttavia la loro modalità di organizzazione resta quella di portare la “gente” a votare un candidato in un circolo o gazebo. Poi lì finisce la partecipazione, e con essa la relazione tra “elettore” e “rappresentante” scelto. Nessuna novità organizzativa o di utilizzo delle tecnologie quando si parla formulazione di proposte e programmi politici.
Oggi, in un tempo dove ogni campo sociale richiede una formazione e interazione continua tra soggetti sociali, un partito politico deve tornare – o stare – al passo coi tempi e soprattutto deve confrontarsi con le tecnologie della comunicazione e dell’organizzazione sociale che possono essere utili a questo tipo di “relazione continua”.
Inoltre è sempre più forte la domanda alla politica di trasparenza e risultati di autenticità indubitabile, peculiarità carente nei sondaggi web contemporanei o nei cori delle tifoserie amplificati dai social media. Come e con cosa colmare questa lacuna per offrirsi a consultazioni dell’opinione pubblica capillari e pratiche certificate?
Il cavallo frutto del multiforme ingegno potrebbe essere proprio la tecnologia blockchain, che offrendo la possibilità di costruire regole inviolabili e garantire l’autenticità nella comunicazione di informazioni (come ad esempio i consensi o le preferenze), impone alla politica di confrontarsi con essa e con le frontiere che apre.