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Con il Qe Draghi ha fatto la sua parte. Ora tocca a Salvini, Di Maio (e Tria)

tapering, bce

Finito. Il Qe ha ufficialmente i mesi contati. Era nell’aria, ma l’ufficialità della decisione del board Bce, riunito a Riga, dà tutto un altro sapore alla cosa. Il consiglio direttivo dell’Eurotower ha deciso di ridurre gli acquisti di titoli fatti attraverso il Qe da 30 a 15 miliardi al mese da ottobre a dicembre, per poi portarli a zero da gennaio in poi. Allo stesso tempo la Bce continuerà però a reinvestire il capitale dei bond acquistati che giungono a scadenza.

Dunque, addio con buon preavviso allo strumento non convenzionale di politica monetaria espansiva usato dalle banche centrali per stimolare la crescita economica, con lo scopo di orientare l’offerta di credito e i mercati finanziari. Francoforte smetterà di comprare grossi stock del nostro debito, dismettendo i panni di quel compratore garantito e affidabile che finora ha contribuito in modo determinante a tenere a bada lo spread.

Mario Draghi (nella foto) la sua parte l’ha fatta e con la fine del programma Qe si avvia di fatto all’ultima fase del suo mandato che scadrà nell’autunno del 2019. Ora il governo italiano legastellato, deve fare la sua di parte (qui un approfondimento sulla fine del Qe dei giorni scorsi). In che senso? Senza la garanzia di acquisto di titoli della Bce, dal prossimo gennaio l’Italia potrà fare affidamento solo ed esclusivamente sulla sua capacità di risultare credibile e convincente agli occhi degli investitori esteri che ogni anno ci prestano 400 miliardi per finanziare il nostro debito. Starà insomma a Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e al ministro dell’Economia Giovanni Tria costruire una credibilità di lungo termine del Paese.

Compito che a giudicare dalla recente linea indicata dal responsabile del Tesoro, sembra fattibile. Proprio oggi Tria ha incontrato a Berlino il suo omonimo tedesco Olaf Sholz, il cui staff ha definito il vertice cordiale e “costruttivo”. Un buon segno per il futuro dell’Italia nell’euro e nell’Europa.

Tornando alle mosse della Bce, Draghi non ha lasciato l’Italia e l’Europa completamente sguarnite della sua protezione. Come menzionato, lo stock di titoli già acquistati verrà infatti mantenuto, con acquisti dei bond giunti a scadenza per un periodo che andrà oltre la fine degli acquisti netti, fin quando sarà ritenuto necessario per garantire condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario. Insomma, i titoli vicini al rimborso continueranno ad essere acquistati dalla Bce.

Nel suo incontro con la stampa Draghi ha comunque voluto fare chiarezza sul suo operato nelle ultime settimane, soprattutto nei giorni bollenti dello spread Btp/Bund a 300 punti base, mentre Lega e 5 Stelle approntavano il loro contratto di governo. In quei giorni, in occasione del rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato italiani e conseguentemente dello spread nei confronti di quelli tedeschi, era stata ventilata l’ipotesi che a favorire tali movimenti al rialzo fosse stata la diminuzione dei volumi di acquisto dei titoli italiani da parte della Bce.

Nulla di più falso secondo Draghi. “Voglio sottolineare come a maggio gli acquisti di bond italiani siano stati pari a 3,6 miliardi di euro, superiori ai 3,4 miliardi di marzo e di gennaio. Dunque nessun complotto”, ha chiarito il governatore della Bce. Poi, una nuova, ennesima difesa dell’euro. Che è “irreversibile e non ha alcun senso metterlo in discussione. Non è alcun rischio di ridenominazione perché è forte, perché la gente lo vuole e perché non c’é alcun beneficio a discuterne l’esistenza”.

 

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