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Così il premier Conte scivola sulla buccia di banana russa. Figuraccia poco diplomatica

Intervenendo in aula alla Camera in vista dell’inizio del Consiglio europeo di domani, il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, è tornato sulla Russia e sulla sua interpretazione della situazione. Domani e venerdì, ha detto, “ci sarà anche una discussione sull’attuazione degli accordi di Minsk (quelli di deconflicting in Ucraina, mai implementati dai filorussi, ndr), che è un dibattito importante rispetto alle sanzioni settoriali nei confronti della Russia: su questo punto riaffermiamo il principio che non debba esserci nulla di automatico nel rinnovo delle sanzioni” contro Mosca.

“Le sanzioni sono un mezzo, non un fine”, dice Conte: “Continueremo quindi a dare grande attenzione al sostegno alla società civile russa e grande attenzione anche agli interessi delle nostre imprese piccole e medie”.

Il premier torna per la seconda volta a citare la “società civile russa”, come fatto nel discorso con cui ha chiesto la fiducia al Senato, ma si tratta di un’imprecisione. Le misure di cui parla sono quelle in scadenza a luglio, sono state alzate quattro anni fa (con rinnovo annuale) dall’Unione europea dopo l’annessione delle Crimea e l’inizio del conflitto nell’est ucraino, e colpiscono esclusivamente settori militari, aerospaziali, energetici, nonché una serie di oligarchi appartenenti alla cerchia del potere putiniano. La loro scadenza sarà discussa dai leader di governi europei nei prossimi giorni, mentre quelle verso cittadini ed economia crimeana sono state già rinnovate una decina di giorni fa.

“Le parole di Conte hanno già fatto quella volta, e stanno già facendo oggi, il giro delle cancellerie occidentali destando scandalo”, dice a Formiche.net senza mezzi termini una fonte diplomatica italiana che lavora sui principali dossier di politica internazionale: “È davvero sorprendente, e scandaloso, pensare che un presidente del Consiglio di un paese del G7 esca tanto apertamente sulla società civile russa, che non c’entra niente, dimenticando che di tutto quello che è successo la reale vittima è l’Ucraina e semmai la sua società civile”.

“Non c’è nessun capo di governo che abbia dimostrato così tanta partigianeria, o per lo meno ignoranza”, continua il nostro interlocutore che preferisce parlare in forma discreta: “I nostri alleati ci hanno già ricordato che quelle sanzioni non sono state altro che la soluzione più favorevole alla Russia nel momento dell’invasione della Crimea e di parte dell’Ucraina, visto che l’alternativa sarebbe stato un intervento militare”. Per esempio, la Nato, per bocca del segretario generale Jens Stoltenberg, aveva ricordato poche settimane a Roma che, sebbene il dialogo con la Russia sia ancora possibile, le sanzioni sono importanti, perché il ruolo di paria in cui la Russia si trova adesso se l’è costruito con decisioni precise prese dal Cremlino.

Conte probabile non abbia ancora troppa maneggevolezza col dossier, e per questo si avventura in certe uscite (“Oppure glieli scrivono certi sfondoni, perché qualcun altro non vuole dirli?”, chiosa la nostra fonte). Il tema è delicatissimo, come aveva spiegato la parlamentare Pd Lia Quartapelle, andare contro le sanzioni significa “legittimare il comportamento aggressivo della Russia […] accettare di fatto questo comportamento nell’ordine internazionale”.

Ultimamente anche il ministro degli Interni, Matteo Salvini, e il sottosegretario agli Esteri, Guglielmo Picchi, avevano affrontato la questione con maggiore compostezza, sebbene entrambi fondamentalmente contrari alle misure repressive contro la Russia. Salvini ne aveva parlato a un televisione russa, spiegando che l’Italia sarebbe anche disposta a rivedere il sistema, anche solo per perseguire gli interessi nazionali intaccati dalle contro-sanzioni russe – che hanno colpito il comportato agro-alimentare italiano, anche se in realtà con danni piuttosto limitati –, ma al momento Roma sarebbe l’unico paese europeo e questo fa diventare tutto complicato, dato che l’Italia è parte di alleanze e strutture multilaterali. Picchi aveva spiegato a Formiche.net che, sebbene il governo italiano è piuttosto compatto sul no alle sanzioni contro la Russia, “porre il veto, facendo così saltare il tavolo, è un gesto di grave portata politica, una chiara presa di posizione che non può rimanere senza conseguenze”.

Lunedì, il tweet feed dell’Ambasciata americana in Italia ha spiegato in modo piuttosto semplice il quadro: dietro al motivo per cui le sanzioni devono restare in piedi c’è l’assoluta indifferenza russa rispetto alle ragioni per cui sono state alzate.

Se l’Italia ha scelto di avere un rapporto preferenziale con l’amministrazione Trump (e la visita del consigliere per la Sicurezza nazionale americano ne è conferma), dovrà anche evitare certi scatti in avanti scomposti, perché sebbene Washington stia spingendo per tenere aperto il dialogo con Mosca evitando isolamenti che potrebbero essere poco proficui, il processo di riqualificazione della Russia è lungo.


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