Cinque applausi in dieci minuti, venti sencondi l’uno, non sono pochi per chi finora non ha mai fatto politica, o quasi. Uno come Giuseppe Conte (nella foto), che in Senato ci avrà messo piede quattro o cinque volte al massimo. Eppure il premier tecnico partorito dall’intesa Lega-Cinque Stelle, questa mattina se l’è cavata piuttosto bene nell’Aula di Palazzo Madama, dove è intevenuto per fornire le prime linee guida del suo governo. L’attesa, nel mini transatlantico del Senato era tutta nelle facce dei nuovi parlamentari del post 4 marzo, molti dei quali decisamente giovani. Ma Conte è stato piuttosto abile nel portare l’Aula di Palazzo Madama subito alla giusta temperatura.
POPULISTI, SÌ GRAZIE
Era necessario prima di tutto chiarire un concetto. Che vuol dire essere populisti? Per esempio, cambiare l’Italia? Sì, senza se e senza ma, tanto per rispolverare un vecchio slogan sindacale. Se dunque essere tacciati di populismo equivale a inaugurare una nuova stagione politica ed economica, allora perché respingere l’appellativo, è il messaggio di Conte. “Le forze politiche che integrano la maggioranza di governo sono state accusate di essere populiste e anti-sistema. Sono formule linguistiche che ciascuno può declinare liberamente. Ma se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, se anti-sistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene queste forze politiche (Lega e 5 Stelle, ndr) meritano entrambe queste qualificazioni.
NIENTE STRAORDINARI SUL DEBITO
Nel merito dei 65 minuti abbondanti di intervento Conte ha toccato diversi argomenti, anche se i centri nevralgici sono essenzialmente quattro. Conti pubblici, mercati, tasse e pensioni. Non a caso si tratta di argomenti che nei lunghi giorni della trattativa Lega-5 Stelle hanno attirato il grosso delle attenzioni di analisti e investitori. Sul debito pubblico, la notizia è che non ci saranno operazioni a cuore aperto ma solo una sua riduzione a mezzo crescita. Che è un po’ la ricetta delle ricette, non certo brevettata dal governo gialloverde. “Il debito pubblico italiano è oggi pienamente sostenibile; va comunque perseguita la sua riduzione, ma in una prospettiva di crescita economica. La politica fiscale e di spesa pubblica dovrà essere orientata al perseguimento degli obiettivi richiamati di crescita stabile e sostenibile”.
OBIETTIVO FLAT TAX
Anche il fisco sarà uno dei campi di battaglia del nuovo governo. “Ci ripromettiamo di introdurre misure rivoluzionarie che conducano a una integrale revisione del sistema impositivo dei redditi delle persone fisiche e delle imprese. L’obiettivo è la Flat tax, ovvero una riforma fiscale caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni che possa garantire la progressività dell’imposta, in piena armonia con i principi costituzionali. Solo così sarà possibile pervenire a una drastica riduzione dell’elusione e dell’evasione fiscale, con conseguenti benefici in termini di maggiore risparmio di imposta, maggiore propensione al consumo e agli investimenti, maggiore base imponibile”.
PENSIONI NEL MIRINO
Altro mantra gialloverde, ribadito e sottoscritto dal premier in Aula, l’attacco frontale alle pensioni. Terreno scivoloso specialmente quando si chiama direttamente in causa il deficit. La prima operazione, decisamente nazional-popolare, riguarda un taglio secco a pensioni d’oro e vitalizi. “Occorre operare un taglio alle pensioni e ai vitalizi dei parlamentari, dei consiglieri regionali e dei dipendenti degli organi costituzionali, introducendo anche per essi il sistema previdenziale dei normali pensionati. Le cosiddette pensioni d’oro sono un altro esempio di ingiustificato privilegio che va contrastato. Interverremo sugli assegni superiori ai 5.000 euro netti mensili nella parte non coperta dai contributi versati. E opereremo risparmi in tutte le sedi possibili e sono convinto che ci ritaglieremo ampi margini di intervento e conseguiremo risultati significati.
DAL REDDITO ALLA PENSIONE DI CITTADINANZA
Altro annuncio, ma da verificare attentamente con il Tesoro guidato da Giovanni Tria, l’introduzione di una pensione di cittadinanza. Attenzione però, perché il reddito di cittadinanza, totem grillino, può costare già fino a 30 miliardi. “Ci premureremo di intervenire anche a favore dei pensionati che non hanno un reddito sufficiente per vivere in modo dignitoso, introducendo una pensione di cittadinanza”. Ma dove prendere i soldi?
SE APPLADUE (SOLO) LA MAGGIORANZA
Alla fine, vale la pena fare un piccolo conto. Sono stati sessanta, oltre alla standing ovation finale, nell’Aula del Senato gli applausi che hanno punteggiato l’ora abbondante in cui si son protratte le dichiarazioni programmatiche di Conte. Ma solo due applausi sono stati bipartisan. Solo due. Sarà opposizione dura.