Se qualcuno ha ancora bisogno di convincersi che l’integrazione europea procede per contraddizioni crescenti, è caldamente invitato a leggere il comunicato congiunto che Macron e Merkel hanno rilasciato all’indomani dell’incontro di Meseberg, intitolato Renewing Europe’s promises of security and prosperity.
La dichiarazione è piena di punti stimolanti ed importanti, ma anche piena di contraddizioni che non sono più ammissibili di fronte alle sfide interne e globali che ha davanti a sé l’Europa. Soprattutto, suggerisce una maggiore integrazione in tutti i campi rilevanti di competenza delle istituzioni sovranazionali… peccato che non affidi la governance di questa maggiore integrazione ad alcuna delle istituzioni sovranazionali europee… ma ai governi nazionali. A loro è affidato il ruolo di essere i veri protagonisti del cambiamento. Eppure dovrebbe essere ormai chiaro che costruire l’Europa di domani senza un ampio consenso da parte dei cittadini europei è esattamente quello che è stato fatto, con pessimi risultati, nei decenni passati. E che non è più possibile continuare a fare oggi.
Impegnarsi per una comune “cultura di strategia di politica estera” non significa agire con una direzione unica, ma sviluppare appunto un processo culturale di sensibilizzazione… che può richiedere anni. Promuovere una “difesa maggiormente integrata sia in campo civile che militare”… bene, ma come, con che tempi, con quali strumenti?
Ottimo il completamento dell’unione economica e monetaria, così come l’armonizzazione fiscale tra Francia e Germania (e gli altri?). Ma l’ossessione sui debiti pubblici nazionali sta diventando ridicola. Una cosa è chiedere giustamente che ognuno si faccia carico del proprio debito pregresso. Altra cosa è imporre delle regole che impediscono politiche reflative anticongiunturali. Così come ha senso chiarire che devono essere imposte clausole più stringenti per la eventuale ristrutturazione dei debiti pubblici, ma allo stesso tempo occorre preparare gli strumenti per una crescita collettiva europea, altrimenti non si capisce come i paesi più indebitati (e con i conti bloccati) possa riprendersi. A meno di non avere ancora in testa il mito dell’austerità espansiva…
Certo, si parla di un bilancio ad-hoc per l’Eurozona. Ma solo dal 2021! Senza indicare per far cosa (a parte i soliti richiami alla “concorrenzialità, alla convergenza ed alla stabilizzazione”), e con quali risorse (le indicazioni contenute nel documento sono al solito troppo generiche)… ma ci si prende la briga di precisare e sottolineare che la governance che caratterizza l’attuale struttura di guida dell’eurozona e di parte dei suoi strumenti (ESM) non deve cambiare: ossia deve rimanere intergovernativa. Proposte più concrete, attese proprio per questo giugno… sono rimandate ulteriormente a dicembre…
Non voglio commentare oltre. Invito i lettori a leggersi in totale e completa autonomia il testo della dichiarazione facilmente reperibile su internet.
Insomma, come al solito, rispetto all’urgenza di avere delle risposte, i cittadini europei sentono proclami. Belli, per carità. Ma vuoti, o quasi. Pieni di contraddizioni, di visioni contrastanti; tanto che più che una dichiarazione di compromesso, sembra un’accozzaglia di visioni diverse, persino opposte. In quest’epoca di propagande sovraniste nazionaliste, dovremmo esserne magari contenti.
Eppure la sensazione è che finché queste saranno le risposte dell’Europa, senza uno straccio concreto ed immediato di reazione collettiva, senza mettere in discussione la mediazione dei governi nelle scelte per i cittadini europei, senza farsi davvero carico della condivisione della sovranità in aree strategiche, cinquecento milioni di europei siano sempre più smarriti… e gli altri grandi attori mondiali sempre più divertiti da quello che ogni volta appare per quello che forse davvero è: solo “teatro”.