Amos Genish (nella foto) può, forse, dirsi cautamente ottimista. Ieri il ceo di Tim ha portato a casa il primo vero risultato utile dall’inzio dell’era gialloverde. E cioè la chiusura dell’accordo per 4.500 esuberi e quasi 30 mila solidarietà all’interno del gruppo. Un’intesa raggiunta proprio con quel ministero, il Lavoro, guidato dallo stesso Luigi Di Maio che con Genish ora dovrà trattare sull’altra grande partita industriale di questa stagione legastellata: la separazione della rete e la nascita di una società, Netco, cui affidare l’intera infrastruttura in rame e in fibra dell’ex monopolista.
Il capo politico del Movimento 5 Stelle infatti non è solo il responsabile del Lavoro, ma anche dello Sviluppo Economico, dicastero dalla diretta competenza sulla rete Tim. Di più. Da ieri sera Di Maio ha anche le piene deleghe sulle telecomunicazioni. In altre parole, al capo dei 5 Stelle spetta l’ultima parola su qualunque dossier abbracci i settori tv, web e telefonia.
Piccola ma essenziale premessa. Il buon esisto di questa operazione dipende dall’avere o meno il governo alle spalle. Contare su un pieno appoggio dell’esecutivo allo spin off della rete significa soprattutto una cosa per il numero uno di Tim: avere certezza pressoché assoluta sulla determinazione dei prezzi all’ingrosso, ossia quelli che pagheranno i concorrenti per utilizzare la rete in fibra di Tim gestita dalla nuova società. Un punto su cui lo stesso manager israeliano ha insistito proprio pochi giorni fa in occasione della relazione annuale dell’Organo di vigilanza sulla rete (qui l’approfondimento di Formiche.net): la chiarezza sulle tariffe è condicio sine qua non per mandare in porto il tutto.
Ma il vero ostacolo è un altro e cioè l’assetto proprietario della futura società della rete. Tra i tasselli determinanti dell’operazione c’è anche la possibile fusione con Open Fiber, la società di Stato per la banda larga controllata da Enel e Cdp (quest’ultima a sua volta azionista di Tim con il 5%) che, al momento, è concorrente dell’ex Telecom per la rivendita all’ingrosso di connettività su rete in fibra. Il Movimento Cinque Stelle non ha mai nascosto la sua volontà di avere una società per la rete interamente pubblica o almeno a controllo pubblico. Visione che inevitabilmente cozza con i piani di Tim, che vuole mantenere a tutti i costi il grip su Netco.
Non sarà facile trovare un punto di caduta, ma vale la pena tentare. Nel dubbio, Genish ha messo le mani avanti, predisponendo un clima di cordialità in vista del primo round con Di Maio (la società per la rete dovrebbe partire a gennaio prossimo). E così, in una nota al termine dell’accordo sugli esuberi, Tim ha voluto rivolgere “un particolare ringraziamento al ministro Luigi Di Maio per il sostegno che ha dimostrato nelle fasi finali del negoziato. Spero di poterlo incontrare quanto prima per affrontare i vari temi di impegno comune”.